Abel Tesfaye, noto come The Weeknd, tenta con il nuovo disco, Starboy, di togliersi di dosso quello che rimane del successo commerciale di Beauty Behind The Madness.
Il disco è stato anticipato, oltre al singolo omonimo — prodotto da niente meno che i robot francesi e pionieri della house music Daft Punk — e False Alarm, da un cortometraggio lungo 12 minuti, un “visual piece”: M A N I A. Lo shortpiece ci fa entrare nella dimensione del disco, un atmosfera di confidenza auto-distruttiva che porta l’artista ad essere perennemente in conflitto con se stesso: da una parte il successo commerciale e i privilegi che ne derivano, dall’altro la consapevolezza di doversi piegare all’industria del mainstream pop (“I just won a new award for a kids show/Talking ‘bout a face numbing off a bag a blow/I’m like goddamn, bitch, I am not a Teen Choice”, da Reminder)
L’album è lungo 18 canzoni, forse troppe. La prima metà del disco è ottima, i brani si susseguono l’uno dopo l’altro senza annoiare o risultare ripetitivi, ma dopo Sidewalks — brano dove Kendrick Lamar figura come featured artist, e nel quale contribuisce con uno dei suoi versi più interessanti degli ultimi mesi — l’intero progetto subisce un crollo di intensità e il materiale risulta quasi banale e già sentito; come in Six Feet Under, che ricorda non poco 6 INCH, la collaborazione con Beyoncé all’ultimo album della cantante.
Lo stile è più che mai vario in questo nuovo album, passando infatti dalle tipiche sonorità di The Weeknd, legate all’RnB, a quelle più funk di I Feel It Coming (altra produzione dei Daft Punk), arrivando alle atmosfere, ormai imperanti nel mondo del pop, di un nostalgico fetish per gli anni ‘80 (Secrets) e a pezzi dancefloor-ready, come Rockin’ , influenzati da una certa house inglese molto vicina ad artisti come i Disclosure.
Starboy è sicuramente il lavoro più lungimirante di The Weeknd prodotto finora, ma uscire dalla propria confort zone non dà sempre i risultati sperati: quando riesce, Tesfaye porta sul disco dei pezzi quasi perfetti, ballabili ma allo stesso tempo inconsueti per il pubblico al quale si rivolge. Non è un disco perfetto, ma i featuring di Daft Punk, Lana Del Rey, Kendrick Lamar e Future, il cortometraggio e il concetto generale che viene proposto pongono Starboy come uno fra gli essenziali album pop del 2016.
Lorenzo Cugnata