“Coloro che fanno sforzi continui sono sempre pieni di speranza. Abbracciate i vostri sogni e inseguiteli. Gli eroi quotidiani sono quelli che danno sempre il massimo nella vita” (Roberto Baggio)
La vita è un pendolo che oscilla incessantemente tra successi e fallimenti, passando per un breve periodo di equilibrio in cui sembra che tutto sia perfettamente bilanciato. Prendere atto di questo andamento oscillatorio della nostra esistenza vuol dire fare pace con sé stessi e riuscire a perdonarsi nei momenti di declino, perché proprio dalle cadute si impara a non lasciare che la nostra luce venga eclissata. Lo sport è ricco di esempi di grandi eroi che sono diventati tali anche grazie a dei momenti di completa crisi, realizzativa e personale; uno tra questi è Roberto Baggio, conosciuto dal popolo amante del calcio come ‘Divin Codino’, in riferimento alla coda di cavallo con cui raccoglieva i suoi lunghi capelli.

La storia travagliata di Roby Baggio è stata descritta sapientemente nel film biografico ‘Il Divin Codino’, uscito nel 2021 e diretto da Letizia Lamartire. Il piccolo Roberto è un giovane talento del Vicenza e sogna di vincere i Mondiali con la Nazionale Italiana in una finale contro il Brasile, come promesso al padre dopo la delusione della sconfitta dei Mondiali del 1970, arrivata proprio contro la Seleção. Baggio viene ingaggiato dalla Fiorentina e, sebbene il padre non sia d’accordo con il trasferimento, è pronto ad iniziare il suo percorso in massima serie, ma durante l’ultima partita in Serie C rimedia un bruttissimo infortunio che gli provoca la rottura del legamento crociato anteriore. Nonostante la diagnosi tragica, la Fiorentina decide comunque di ingaggiarlo, quindi Roberto si trasferisce a Firenze; tuttavia, la lontananza dai suoi affetti, legata all’impossibilità di scendere in campo, lo fa sprofondare in una crisi interiore, che supererà solo grazie alla conoscenza della fede buddista.
A piccoli passi, Baggio torna in campo, e in poco tempo prende le redini della Fiorentina, suscitando le attenzioni della dirigenza della Nazionale Azzurra, che nel 1994 avrebbe dovuto disputare i mondiali. Roberto viene convocato, ma il rapporto con il CT Arrigo Sacchi non è dei migliori, a causa della brutta prestazione della squadra nella fase a gironi del torneo. Nonostante i dissapori, Baggio riesce a far conoscere le sue qualità, diventando presto un giocatore indispensabile nell’11 titolare. La Nazionale, grazie a lui, riesce ad andare avanti e arriva in semifinale contro la Bulgaria, dove Baggio si infortuna lievemente, ma nonostante tutto gli azzurri conquistano la finale. Contro il parere di medici e allenatore, Baggio scende in campo in finale contro il Brasile: dopo una partita lunghissima, si arriva ai tiri di rigore, tutto si decide dagli 11 metri. Baggio aveva sempre sognato quel momento, sin da quando era piccolo, ma purtroppo il rigore va alto. L’Italia aveva perso i Mondiali contro il Brasile.

Lo sconforto di Baggio fu implacabile: lui, il Divin Codino, aveva deluso suo padre e i suoi tifosi, aveva perso. A causa di quell’errore, nessuna squadra lo vuole ingaggiare, fin quando non arriva la chiamata del Brescia. Nel cuore del Divin Codino si accende la speranza di poter partecipare all’ultimo Mondiale della sua vita (stagione 2001-2002) e vincerlo per rispettare la promessa fatta a suo padre. Nonostante la meravigliosa stagione al Brescia, l’ennesimo infortunio scoraggia totalmente Baggio, che prova a recuperare e a tornare in campo, ma per il Mondiale è troppo tardi: il CT Trapattoni decide di non convocarlo. La favola di Baggio finisce qui, con l’amaro nel cuore per quella promessa che non è mai riuscito a mantenere.
La pellicola che lo racconta è estremamente toccante: viene descritto il talento di uno tra i giocatori che ha fatto la storia del calcio italiano, ma viene dato molto spazio al suo essere umano. Baggio, infatti, ha sperimentato sulla sua pelle le scottature del fallimento, ha vinto e ha perso, ha esultato ed ha pianto. In questo film vengono evidenziati tutti questi aspetti di Roby Baggio: il calciatore, l’eroe, l’uomo.
Giulia Galante
