Quando qualcosa o qualcuno scompare dalla nostra vita – qualcosa o qualcuno che era importante per noi – non riusciamo a rimanere distaccati. Sia che abbiamo smarrito una persona cara, un oggetto, un amore, o che sia fallita la nostra fumetteria preferita in cui abbiamo scoperto l’esistenza del primo numero di Watchmen, sentiamo di aver perso una parte di noi stessi. Si può reagire in modi diversi, dimenticando o tentando di farlo, cercando una spiegazione, o piangendo giorno e notte e non capire il perché, ma non possiamo restare indifferenti.
Ashley Sabin e David Redmon, i registi del documentario, hanno deciso di reagire indagando sulla scomparsa di quel qualcosa per poi trovare una soluzione. Kim’s Video and Music è stato per tanti anni il punto di riferimento per il videonoleggio a New York, contando su una collezione di oltre cinquantamila titoli (tra DVD e VHS). L’avvento di internet, la diffusione delle tv on demand e poi quella dello streaming su piattaforme come Netflix, oltre che della pirateria, che avevano già messo in crisi colossi come Blockbuster, comportarono la chiusura di Kim’s Video. Il proprietario dell’attività, Yongman Kim, e possessore dell’enorme collezione, decise quindi di donarla. La proposta vincente arrivò dall’Italia, e in particolare dal piccolo comune siciliano di Salemi (allora governato dalla giunta Sgarbi) che proponeva a Kim di acquisire la collezione, di dedicarle uno spazio e di curarla per renderla disponibile, con un noleggio gratuito, alla collettività. Affare fatto! La raccolta venne spostata a Salemi, e poi da lì il buio più totale.
David Redmon spinto dalla necessità di scoprire cosa sia accaduto a Kim’s Video, indossa i panni dell’investigatore e inizia a porsi delle domande. Prende avvio una lunga indagine documentaristica che lo porta prima a New York, poi a Salemi dove si rende conto delle condizioni precarie in cui versa il fondo, lasciato nell’incuria più totale, tra furti e danni dovuti agli agenti atmosferici; poi si reca a Seoul dove incontra Mr. Kim e lo convince a tornare a Salemi per spingerlo ad agire, come Merry e Pipino nel Signore degli Anelli ma, a differenza di Barbalbero, Mr. Kim non ha il potere di cambiare le cose.
Chiunque si sarebbe arreso davanti all’ineluttabile, ma Redmon decide di giocarsi l’asso: mette insieme un finto cast, scrive una finta sceneggiatura e riceve dal sindaco il permesso di girare all’interno del Centro Kim di Salemi (il luogo in cui sono tenuti ‘prigionieri’ i film appartenuti a Kim). Con un piano da heist movie, come in Argo di Ben Affleck, riesce nel suo intento e salva una buona parte della collezione riportandola in patria e scatenando le ire della cittadina siciliana. Dopo anni di contrattazioni e lotte legali, e grazie all’intercessione di Kim, la collezione è tornata a New York in una nuova casa ed è di nuovo disponibile al pubblico.
Kim’s Video non è solo un documentario, è anche una dichiarazione di amore molto intima dei registi verso qualcosa che non c’è più. Quando chiude un’attività (ma vale per qualsiasi cosa), ciò che va perso non è solo quello che concerne la sfera materiale, a scomparire sono anche i legami che quel luogo aveva fatto nascere e proliferare, a venire meno è, cioè, una parte della comunità. Con questo film, una sorta di diario personale di viaggio, zeppo di citazioni cinematografiche (Paris, Texas; The Mirror; Videodrome; La Dolce Vita), i due registi ristabiliscono i legami tagliati di netto e ne creano di nuovi; vanno alla ricerca di una memoria perduta ma trovano tanti personaggi sul loro cammino e si arricchiscono di nuove relazioni.
«[…] we find Enrico, the musician and also the guardian of the collection, we meet Diego, the police chief (di Salemi) […], so in searching for this collection we find something else, even just as equally tangible and physical» (David Redmon)
Tommaso Quilici
