A solo due settimane di distanza dal ritorno in sala della rassegna milanese Indocili, siamo già qui a parlare del nuovo incontro, il quarto, che si terrà martedì 5 marzo. Appuntamento, come sempre al benemerito Cinema Beltrade di via Nino Oxilia 10, che rispetto alla precedente serata, interamente dedicata ai cortometraggi di Bozzelli e Cappiello, ci porterà, con un colpo di reni, a scoprire due mondi molto diversi e, il più delle volte, inesplorati.
L’associazione Tafano, che organizza il festival, ha deciso di mettere insieme due opere, e due registe, distanti sotto tanti punti di vista, ma tematicamente affini. Saranno infatti proiettati “Il mare che non muore”, cortometraggio di Caterina Biasucci, e “Zweisamkeit”, mediometraggio di Lilian Sassanelli. Due autrici dalle storie personali molto diverse, ma accomunate dalla cifra familiare delle loro opere.
Al di là del semplice discorso sulla durata, comunque un inedito fino qui, i due film sono opposti o contrapposti, ma si parlano materialmente. Il corto della Biasucci è un lavoro realizzato a seguito della vittoria del Premio Zavattini nel 2020, risultato che permette di creare il proprio cortometraggio – ideato per la partecipazione al contest – utilizzando materiale filmico d’archivio, mentre il film della Sassanelli è un documentario sulla lunga relazione sentimentale dei propri nonni.
Lavori che sembrano parlare di memorie altrui, sconosciuti o parenti, ma che si intersecano con i vissuti personali delle due giovani registe, come facilmente intuibile.
“Il mare che non muore” realizzato con un montaggio, appunto, di materiali d’archivio uniti a riprese contemporanee, crea una finestra, leggera e poetica, sulla vita di una donna dalla nascita fino alla morte. Le parole, che ci guidano scivolando con noi tra i fotogrammi, fanno parte del diario della nonna di Biasucci, mai conosciuta, e dei ricordi della madre. Storie di famiglia dunque che si uniscono a pezzi, visivi o narrativi, di storie altrui, nelle quali ci possiamo universalmente immergere. Tutti i passaggi importanti, infatti – la giovinezza, l’amore, la genitorialità, le fini – si svolgono in mare, nell’acqua, in cui la vediamo sprofondare un’ultima volta, per poi riapparirci con sembianze mutate a simboleggiare l’immortalità della memoria e delle immagini, laddove il tempo, e anche la nostra natura umana, sembrano sospese o poco rilevanti, di fronte alla grandezza e alla semplicità della vita, rappresentata in questi termini in maniera egregia in un sunto denso e vitale quanto è questo cortometraggio.

“Zweisamkeit” (o “Alone together”) è invece un lavoro sulla memoria di famiglia con immagini che rappresentano la stessa. Il documentario, come anticipato, esplora l’intimità della coppia di nonni della regista di origini amburghesi. Non è solo però un discorso di sangue, ma anche e soprattutto sui rapporti umani di lunga durata, sulle possibilità di una coesistenza nel quotidiano e sugli interventi del caso nella vita.
Le riprese della vita di tutti i giorni si alternano a squarci di passato, che siano le dolci e schiette lettere di Klaus, o un dialogo, secco e denso, nel quale Elke parla per la prima volta al marito di un altro uomo, alla naturale tenerezza di una coppia che si ama nonostante i cinquant’anni assieme e all’orgoglio che essi stessi sono capaci di trasmetterci, senza scadere in facili sentimentalismi. Una narrazione che si invischia con la polvere, sia quella che si alza dalle abitudinarie, stanche ma precise faccende di casa, sia quella immateriale che viene su ogni qual volta un ricordo venga smosso.

Una serata, quella di martedì – per l’occasione presentata dalla redazione del magazine Sali e Tabacchi, e con il prezioso contributo di Vanessa Mangiavacca della Fondazione Home Movies – nella quale storie di acqua e polvere ci mostreranno il massimo grado di quello che di più grande può imparare, e di conseguenza insegnare, l’essere umano: la vita e il rispetto per le storie.
Federico Benuzzi
