Out beyond ideas of wrongdoing and rightdoing, there is a field. I’ll meet you there.
Inizia con questa citazione di una poesia di Jalāl al-Dīn Muḥammad Rūmī, poeta mistico persiano del XIII° secolo, Hold On for Dear Life di Simone Fiorentino. Una frase che contrasta per epoca con le immagini appartenenti alla sfera del gaming di cui si compone il cortometraggio. Non saranno le uniche che verranno proiettate alle 22.00 di martedì 25 febbraio al Cinema Beltrade di Milano, durante il terzo appuntamento della rassegna Indocili, il primo del 2025. Saranno infatti in tutto sei i cortometraggi che, dopo essere stati selezionati tra i migliori di Nouvelle Bug, residenza internazionale di cinema girato all’interno di videogiochi, del metaverso o con l’Intelligenza Artificiale, verranno avvolti dal buio della sala.
Guardando da lontano la proposta messa sul tavolo per questa serata dall’associazione Tafano, che ha portato questo festival di giovani promesse del cinema italiano – e non solo – al quarto anno, non si può che constatare l’eterogeneità di idee, di scrittura e, per allargare ancora di più, del processo creativo, oltre che dell’immaginario visuale che sta alla base di queste opere. Tutti concetti che risaltano ancora di più potendo vedere questi film all’interno della stessa cornice, come sarà permesso da questa serata. E concetti che forse, per la natura della residenza – della durata complessiva di dieci giorni – organizzata dalla casa di produzione Il Varco e giunta lo scorso anno alla terza edizione, si possono tutti raggruppare in un unico punto, o perlomeno in uno spazio ridotto. Proprio questo aspetto, per niente secondario, eleva ciò che vediamo a un livello di cinema di prima qualità. Sperimentale, certo, ma che parla un linguaggio (sempre più) quotidiano, sia per la tipologia di immagini, sia per le scelte logiche e semantiche. Scelte o necessità dovuta al poco tempo utile? Poco importa, di nuovo, una volta viste le opere. La sincerità e l’onesta disarmanti dei corti proposti, la loro ampiezza di pensiero e la loro varietà spingono lo spettatore ad abbandonarsi alla visione. Un cinema quasi “puro”, se questo aggettivo ha un qualche significato, per propositi e temi, per semplicità e sentimenti, distante dal freddo e disumano dipinto che il luogo comune o l’opinione pubblica (e parlo ovviamente in primis del sottoscritto) crea di queste nuove tecnologie – o forse è più azzeccato utilizzare il termine medium – di ripresa. Nella scoperta di questo inatteso calore gioca sicuramente un ruolo importante il contrasto tra l’elemento umano/animale presente in ogni cortometraggio e la sensazione di solitudine che le immagini create ci lasciano; un contrasto che per ora, o in questi casi, è vinto (ma che ce ne facciamo di un vincitore?) dal lato vivente, almeno da noi che lo riceviamo: siamo vivi, festeggiamo.
Andando più nello specifico e cercando di raccogliere le fila della serata, intitolata “Nuovo umanesimo digitale – la nuova frontiera del cinema fra sperimentazione, videogames e AI”, si potrebbero raccogliere questi cortometraggi figli di Harmony Korine – che con il suo Baby Invasion, visto all’ultimo Venezia, ha portato il gaming movie in uno dei più importanti festival di cinema – sotto tanti di quei cappelli diversi per cercare di “catalogarli” e parlarne in maniera ordinata, da poter aprire un negozio di copricapi.
Nel corto italo-danese Au Revoir, Pugs, Brett Allen Smith ci porta dentro il suo mondo utilizzando telefonate ad alcune parenti, dipingendoci ricordi vividi dei due carlini appartenuti alla sua famiglia quando lui era piccolo. In particolar modo l’autore si sofferma su un ricordo legato alla loro morte e alla loro sepoltura, ricordo tanto vivido quanto errato, che forse nasconde un orrore o la paura che la separazione con il suo nuovo cane avvenga troppo presto. Forse è solo la necessità di capire cosa succede alla memoria. Questi buffi, ma toccanti dialoghi scorrono mentre sullo schermo immagini digitali di un carlino che si muove in uno spazio tridimensionale, come il protagonista di un videogioco, sono intervallate alle foto dei carlini di Smith: un tentativo di farli rivivere ancora.
Focalizzandoci su questo ultimo aspetto, ci troviamo probabilmente dalle stesse parti di A Missed Call di Francesco Manzato, corto girato lo scorso anno che sempre attraverso una narrazione telefonica, stavolta a voce unica (una chiamata persa e la conseguente registrazione del messaggio in segreteria), ci porta a esplorare lo spazio: un uomo solo, un astronauta in un mondo dall’estetica videogame anni ‘90, vaga per l’Universo e racconta la sua vita, le sue giornate, a qualcuno che ha conosciuto e che ha tentato invano di raggiungere. In qualche modo lo sta salutando, forse non si sentiranno più. In fondo c’è una speranza, nonostante la solitudine, se si possono costruire nuovi ricordi, disegnarli e forgiarli, anche se non sono mai esistiti. Far rivivere, come dicevamo, che si tratti un animale, una relazione, una persona cara.
J’adore Venise – On Disappearing Bodies di Stefano Dealessandri è un desktop movie che ci porta in un presente che è già distopia, dove scopriamo una Venezia che, nel momento in cui si trova a vivere la trasformazione da città a parco giochi, del parco giochi ha già tutte le caratteristiche (vedasi anche il biglietto di accesso), comprese le telecamere di sorveglianza. Migliaia di occhi metallici che tengono monitorata la città e l’identità di chi vi gira, globuli bianchi impazziti di un corpo i cui vasi sanguigni in marcescenza sono i propri storici e inconfondibili canali.
Un’altra distopia si può trovare nelle immagini di Hold On for Dear Life di Simone Fiorentino, già richiamato a inizio approfondimento per la citazione spiazzante. L’autore ci mostra, con un’estetica primi anni duemila, alcuni momenti in una classica giornata post-apocalittica, dove nella distruzione regna una pace desertica e in cui i pochi abitanti sono perlopiù persone sfigurate. C’è vita dopo l’Apocalisse? Fiorentino sembra dirci di sì: un luogo appunto oltre il giusto e lo sbagliato, dove l’ossessione della ragione o del torto, lo scontro della soggettività e delle opinioni non ha più importanza, ma dove semplicemente si è vivi, l’unico vero fattore necessario per potersi re-incontrare “in quel campo”, come auspicato.
Time Sensitive Characters è un corto di produzione francese girato da Coralie Hina Gourdon che esplora il mondo del sonno; in particolar modo, il fenomeno dello sleepstreaming, la pratica di coloro che trasmettono online la propria immagine in diretta mentre dormono. Nel mentre, affiancate a queste immagini di persone beate ma al tempo stesso inquietanti, un creatore di videogiochi cerca di insegnare a un AI il concetto di sonno, che si sviluppa in uno studio della figura dell’essere umano che dorme: una sorta di versione di prova, appunto, di un videogioco. Un affascinante ragionamento sul cyber-sonno (e sulla sua privazione).
In conclusione è il turno di Night Song of a Wondering Cowboy di Andrea De Fusco. Il film è un piccolo grande malinconico bellissimo trip “Shot in Red Dead Redemption”, come cita un cartello all’inizio. Altro desktop movie – se così si può dire -, l’autore ha portato – e registrato – il personaggio del videogioco a vagare per gli avamposti più sperduti e desolati della mappa di Red Dead, trovando bug a cui sparare o lanciare ordigni. Un’idea divertente che racchiude però dentro di sé un ragionamento profondo e poetico sul finito e l’infinito, sul nostro universo costantemente in espansione che la nostra mente non è in grado di immaginare, ma che potrebbe, perché no, assomigliare a quei luoghi di confine ma senza delineazioni che stanno al termine di un videogioco. Un contenitore, una “scatola”, il gioco, dentro il quale esistono universi interi. Il suo regista Andrea De Fusco sarà presente martedì 25, assieme a Francesco Manzato, al Bar Rondò per “Chiacchiere da Bar” alle ore 20.00, per parlare della loro esperienza nel mondo del cyber-realismo, tema che verrà poi riaffrontato anche in sala (dove saranno presenti Andrea Gatopoulos, fondatore di Nouvelle Bug, Francesco Gerardi di Rivista Studio e i registi dei film).
La sera del 25 febbraio chi deciderà di andare al cinema Beltrade può stare certo che non si annoierà.
Federico Benuzzi
