Dan è un ragazzo introverso, preferisce l’appartamento alla vita sociale, senza riuscire mai realmente a sentirsi a proprio agio in mezzo agli altri. La sua unica evasione è la musica elettronica, che ascolta in cuffia tutto il giorno e ricerca costantemente nei club notturni, accompagnandola alle droghe. Un giorno, uno scambio di sguardi con un bambino lo porta a una presa di coscienza improvvisa: sta vivendo senza uno scopo. Da qui, il cambiamento radicale – smette di drogarsi, abbandona le serate techno e rinnova il proprio essere, raggiungendo quella tranquillità emotiva che gli permette, poi, di mettere al mondo un’altra vita.
Se la costruzione del protagonista è convincente e la sua evoluzione narrativamente coerente, il cortometraggio fatica ad offrire una lettura profonda e sfaccettata della crescita personale. La trasformazione di Dan appare legata a un’idea univoca di realizzazione, in cui il percorso di maturazione interiore passa necessariamente, ed esclusivamente, dalla scelta di una vita più “tradizionale”, attraverso il distacco da certe passioni giovanili.
L’animazione e la colonna sonora sono il vero punto di forza del film. Il protagonista di Sans Voix sembra uscire direttamente da una graphic novel di Jeff Lemire per approdare sul grande schermo. L’approssimazione del tratto, una precisa scelta artistica, molto simile nello stile a quella del fumettista canadese, rispecchia perfettamente la precaria emotività di Dan, che cerca faticosamente di evolvere in una forma più stabile e salda, lasciandosi alle spalle un passato di movimento sfrenato e incertezze. Con il procedere della storia, le immagini si fanno sempre più statiche; le linee, inizialmente abbozzate, sono più nette e accolgono il colore ora più intenso e uniforme. Anche la musica segue lo stesso andamento del disegno, sebbene la parte elettronica sia costante per tutto il cortometraggio: sul finale, i suoni caotici della città lasciano il posto a un paesaggio sonoro più naturale, scandito dal cinguettare degli uccellini.
Nonostante una visione del cambiamento fin troppo schematica, Sans Voix sfrutta molto bene le caratteristiche dell’animazione muta, dando prova delle possibilità che un mezzo del genere può offrire.
Tommaso Quilici
