Ho avuto il piacere di intervistare Zita Donini, co-fondatrice del flash mob One Billion Rising Bologna e volontaria presso la Libreria delle Donne a Bologna. La ringrazio immensamente per la disponibilità e la chiacchierata prolifica che abbiamo condiviso. Vi invito, infine, a seguire le iniziative di One Billion Rising sull’omonimo sito o sulla pagina Facebook.

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Cos’è One Billion Rising e dove nasce? Quali sono le sue iniziative?

One Billion Rising è una parata, una manifestazione gioiosa, nata per denunciare e combattere gli abusi maschili sulle donne. È un movimento inclusivo, aperto a tutti: vi partecipano donne e uomini di ogni età, etnia, religione ed estrazione sociale. Sebbene non ci sia azione nella nostra vita che non sia, sia pure in piccola parte, politica, il nostro movimento è libero da etichette. La prima edizione di One Billion Rising si è svolta, a livello internazionale, il 14 febbraio 2012 e nasce negli USA dall’iniziativa della drammaturga ed attivista femminista Eve Ensler, scrittrice de I Monologhi della Vagina. Il flash mob internazionale si prefigge sia di sensibilizzare alla violenza di genere sia di operare una vera e propria rivoluzione ideologica, che contrasti i presupposti che alimentano una cultura di violenza. Ogni anno i Paesi e le città che aderiscono a One Billion Rising crescono, così come la partecipazione non solo femminile, ma anche maschile. Sulla musica di Break the Chain, canzone simbolo del movimento, migliaia di persone si esibiscono in coreografie libere e sempre diverse. Perché proprio il 14 febbraio? Perché, in quanto festa convenzionale degli innamorati, fornisce l’occasione giusta per ribadire al proprio partner che, oggi come ogni altro giorno, le/gli si regala rispetto ed amore. Ma, prima di tutto, ci ricorda che non accettare di subire violenza è un regalo d’amore che facciamo a noi stesse.

 

Com’è l’organizzazione di One Billion Rising a Bologna?

One Billion Rising nasce a Bologna nel 2012, lo stesso anno in cui viene fondata negli USA. Le organizzatrici di One Billion Rising a Bologna, oltre a me, sono Rachelle Hangsleben e Sarah Serraiocco. Mentre noi riceviamo il supporto di Casa delle Donne di Bologna, in altre città il movimento spesso nasce ancora più dal basso, da un gruppo di donne che si attiva senza il sostegno di organizzazioni più grandi. Alla nostra parata spesso partecipano altre organizzazioni, come Amnesty International e Fairtrade, ma siamo noi e Casa delle Donne ad organizzare di fatto l’evento.

 

Quali sono gli eventi di quest’anno a Bologna?

Quest’anno, a Bologna, abbiamo deciso di fare un evento abbastanza corto rispetto agli anni scorsi. È in programma un flash mob al Pincio, seguito da altri flash mob per la strada ed una parata che parte da via Indipendenza per arrivare a Piazza del Nettuno, dove si tiene il flash mob finale. L’esigenza, questa volta, è di fare una manifestazione più corta e più intensa, perché spesso prolungandola se ne perde anche l’intensità. I flash mob sono tutti sulle note di Break the Chain, mentre il gruppo Maracatimba, composto percussionisti/e che suonano musica brasiliana, accompagna la parata. Come ho detto, One Billion Rising è un gruppo inclusivo, che favorisce l’incontro di culture diverse, l’integrazione e la partecipazione di gruppi eterogenei. Qui a Bologna, per esempio, è in particolare la comunità filippina a partecipare in maniera forte, anche come singola individualità.

 

La danza è stata, fin dal principio, presente nel flash mob internazionale One Billion Rising, ma quest’anno assume, se possibile, un ruolo ancor più centrale. Come mai la scelta di esprimere la rivoluzione culturale ed ideologica, che è al centro della manifestazione di questo 14 febbraio, è ricaduta proprio sulla danza? Che cosa rappresenta e simboleggia questo strumento artistico?

La danza è stata scelta perché, più di ogni altro mezzo artistico, incarna l’idea di unione. Chiunque può imparare a ballare, non c’è separazione o esclusione. Essa è espressione del corpo ed è libertà del corpo e nel corpo. Lo strumento della danza, infatti, permette di riappropriarsi del proprio corpo e di averne maggior consapevolezza. Fa penetrare forte e chiaro il messaggio: il mio corpo è sacro, tu non mi tocchi e io non ti do la possibilità di farlo. Inoltre, nella danza è facile che ci sia anche rilascio emozionale. Ti porto un esempio pratico: quest’anno alle prove di One Billion Rising Bologna è venuta anche una donna cieca, pronta a ballare insieme a noi, nonostante le difficoltà che può comportare danzare in gruppo senza vedere nulla attorno a sé. Questo è un segnale evidente di quanto persino le barriere fisiche siano oltrepassate della volontà di esprimere un messaggio comune di cambiamento.

 

Break the Chain è la canzone simbolo di One Billion Rising. Che cos’è a renderla tanto speciale?

Break the Chain è stata scelta da Eve Ensler stessa per divenire il fulcro artistico centrale di One Billion Rising. A mio parere, non ci potrebbe essere canzone più appropriata: è corta e diretta, assomma di tutti i pilastri della causa e dà spazio all’emotività. È diretta nel dire: “ricordati che sei una bella creatura”.

 

Perché si è privilegiato lo strumento della danza rispetto a quello delle parole?

In passato c’è stata anche la componente “parlata” in One Billion Rising Bologna. Nei luoghi che ci ospitavano, dopo la parata, per esempio, ci sono state anche delle letture. Però, a mio parere, la partecipazione totale all’evento va oltre le parole. Break the Chain riassume nel suo testo i messaggi che è importante trasmettere e ricevere. Il suo ascolto attento e il coinvolgimento attivo nell’evento sono sufficienti. A volte le parole sono di troppo rispetto all’emozione che si dona o si riceve ascoltando la musica e danzando.

Micol Zanaga

 

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