Gli spazi dedicati alle donne lesbiche e persone queer stanno diminuendo velocemente. La regista Alexis Clements parte dall’esplorazione di alcuni luoghi che costituiscono un punto di ritrovo importante per la comunità negli USA.

La necessità di incontrarsi tra persone con caratteristiche in comune è stata da sempre un bisogno primario di tutta l’umanità. In particolar modo se si tratta di donne discriminate, di fasce della popolazione in minoranza nella società, con anni di lotte alle spalle in un movimento LGBTQ+ che storicamente è stato sovrastato da una singola immagine: uomo, gay, cis, bianco. Il viaggio intrapreso porta alla scoperta di luoghi diversi tra loro – da pub a laboratori teatrali, a centri documentari – che sono rivolti a generazioni diverse, comprendendo quindi linguaggio e pensieri ideologici vari, in un percorso alla scoperta non solo di luoghi, ma anche di persone che li attraversano, siano queste donne, persone queer o alleat*.

Iniziamo con un piccolo pub, a Oklahoma City, dedicato ad un solo pubblico femminile lesbico (ma non esclusivo, ci tengono a specificare), per poi approdare nel Lesbian Herstory Archives, importante archivio del passato con anni di storia alle spalle e patrimonio culturale, fino al Centro Esperanza, in Texas.

Sono solo tre dei luoghi che vengono presentati, ma già di per sé molto differenti tra loro, per locazione geografica e geopolitica e rappresentanze.

In evidenza è la necessità di preservare questi luoghi fisici, questi safe space in cui potersi sentire al sicuro, essere se stess*, al di fuori di ciò che la società esterna impone, invece, di diventare. Entriamo quindi in dei luoghi di aiuto, cooperazione, artistici, che rappresentano dei punti di ritrovo, di socializzazione e di costruzione del movimento lesbico attuale e futuro.

La regista mette in scena un importante lavoro di ricostruzione e testimonianza, per concludere con una perla che pone all’evidenza una questione ideologica di rilevanza globale – discussione che sentiamo nostra anche in Italia – ossia l’inclusione di questi luoghi relativi a una fascia della popolazione spesso discriminata all’esterno ma anche all’interno della comunità: la fascia T. Si parte, quindi, alla scoperta di un ultimo gruppo, le Trans Ladies Picnics, composto di donne trans che si riuniscono in molteplici luoghi pubblici per passare un pomeriggio insieme.

La particolarità di quest’ultimo gruppo riguarda proprio “l’invasione” dello spazio pubblico, che porta inevitabilmente a un importante e necessario processo culturale. Le persone che si ritrovano nel grade cappello T non vengono spesso accettate in luoghi non esclusivi per la loro comunità, e questa pellicola, con focus sulla comunità lesbica, pone anche in questo caso uno spunto di riflessione e consapevolezza.

Una visione necessaria per le persone appartenenti e non alla comunità LGBTQ+, un importante percorso di consapevolezza storica di ciò che accade al di fuori del nostro Paese, per poter operare anche un confronto. All we’ve got, questi spazi sono tutto ciò che abbiamo. E proprio in un momento in cui stiamo vivendo una pandemia che non ci permette di percorrere i nostri, questo film ci porta alla scoperta di ciò che in Italia c’è ancor meno, di ciò che potremmo costruire e di ciò che il movimento, a piccoli passi, sta cambiando nel suo interno.

Sarah Corsi

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