Sarà stasera, martedì 20 maggio, l’ultimo appuntamento di Indocili, la rassegna di cinema indipendente under35 che trova casa al Cinema Beltrade di Milano, per l’anno accademico 2024/2025. Anche quest’anno, il quarto di vita di Indocili, la selezione dell’Associazione Tafano, che lo organizza, è stata diversificata, multipla, estrema, rinfrescante.

Andrà a riassumere appieno l’intera stagione la selezione pensata per stasera, il cui fil rouge è la provenienza residenzial-festivaliera di questi tre piccoli, importanti film. Si tratta infatti di una microselezione effettuata tra i partecipanti alla residenza Princìpi del Lago Film Festival, festival internazionale di cinema indipendente della provincia di Treviso, che da oramai vent’anni scova e propone alcune delle pellicole e degli autori più innovativi. Tre, dunque, fra i migliori registi under25 internazionali della residenza troveranno nuova luce e contesto per le loro opere grazie alla rassegna milanese: film molto diversi dal punto di vista del mezzo espressivo, un documentario, un’animazione digitale e un fiction in live action, che però come spesso accade sono accomunati da tematiche che vanno oltre la potenza del loro messaggio principale.

Living Reality di Philip Thompson ci porta in un mondo a tutti familiare: quello delle sit-com americane. Con chiari riferimenti a Friends per la scenografia, l’estetica anni ‘90 e i colori, e a How I Met Your Mother per la sigla (e a tutte per le risate di sottofondo), Thompson mette in scena situazioni che come da tradizione sono al limite del grottesco, ma senza disinnescarle come accade nella finzione, bensì aggravandole tramite l’inserimento/esistenza di un personaggio che, per la prima volta nella storia delle sit-com, non è allineato con il senso dell’umorismo che definisce le caratteristiche di quel tipo di serie tv. Il personaggio semplicemente non sta bene: sbadiglia, starnutisce, è distaccato e non comprende – o non è interessato – a quello che viene detto tanto da andarsene prima e da solo dalla scena (anche questo un’azione rara per quel tipo di mondo), lasciando di sasso i suoi compagni di set oltre che il pubblico, che non lo trova divertente. Scopriamo che lui vive in una situazione pessima: un mini-appartamento che ha solo un materasso, con i vestiti sparsi per terra e un vecchio televisore in un angolo. Ed è qui che facciamo la scoperta più strana e incredibile: che cosa guardano in tv i personaggi di una sit-com? O forse è meglio dire, che cosa sognano? Il corto raggiunge l’obiettivo di far ragionare sui desideri e sui sogni a occhi aperti, su cosa possa considerarsi una vita normale e sul perché oggi sta diventando sempre più un’utopia nel mondo in cui viviamo, memizzato, coriandolizzato e digitalizzato, caratterizzato dalla crescente superficialità, dall’obbligatorietà del divertimento e dalla mancanza di relazioni forti e serietà laddove invece sarebbero necessarie.

Su tutto un altro registro è invece Baldilocks di Marthe Peters, documentario autobiografico che affronta, utilizzando delle magnifiche immagini di filmati di famiglia, il percorso che ha dovuto affrontare a causa della sua malattia, diagnosticatale da piccolissima e per la quale, stando alle diagnosi mediche, non sarebbe dovuta sopravvivere. Il corto è un toccante racconto sia di cosa voglia dire vivere una vita diversa nel senso più negativo del termine, quello di crescere nella più profonda incertezza e privati dell’innocenza, ma anche di cosa significa essere genitori nella difficoltà più estrema, e le prove, fisiche ed emotive, che questo comporta. Non che il corto dia delle risposte alla situazione che nessuno di noi vorrebbe attraversare, né in prima persona, né da genitore. Oltre a questo, attraverso la voce della regista, un importante e originale dialogo interiore sul senso di colpa che l’essere vivi può causare quando si sceglie di provare a essere normali: come si rapporta una sopravvissuta al cancro con la scelta di voler fumare? Perché la propria vita deve essere considerata più preziosa delle altre e non “solo” “una vita”? A chiudere sarà il film Lick a Wound (titolo originale: Les animaux vont mieux) di Nathan Ghali, un’animazione digitale dall’aspetto iperrealistico che contrasta con il suo contenuto, assai sorprendente. Nell’opera un gruppo eterogeneo di animali si è isolato dal mondo degli uomini per vivere, sembrerebbe, autonomamente in pace. Tra di loro sono nati rituali, che forse hanno a che fare con la loro nuova casa – le cantine di una vecchia chiesa -, ricordano il loro passato da animali da compagnia e piangono i defunti, sviluppando nel frattempo coscienza e il concetto di potere e vendetta. Un film dalle atmosfere buie, che seppur ricorda i pluripremiati dell’ultima stagione dei premi Flow e Il robot selvaggio – ne approfittiamo per consigliare la visione – per alcuni punti di contatto, ne è sia il suo opposto che la sua feroce continuazione. Un film che ci porta dunque a posizionarci nel punto di vista di una categoria spesso sorvolata, una minoranza enorme: quella degli animali. Che siano da compagnia o selvatici e (soprattutto) da allevamento, gli animali sono spesso poco considerati nella società di oggi e il loro benessere nella maggior parte dei casi viene sbandierato nei discorsi politicamente retorici, ma poi mai messo in pratica, se non con misure tappabuchi poco efficaci. Questo film ci fa dunque riflettere sul fatto se sia forse arrivato il momento di posizionarci dalla parte giusta e smettere di richiedere loro di essere i migliori amici dell’uomo, iniziando magari con l’essere noi, davvero, i migliori amici degli animali, tutti.

La serata inizierà come di consueto alle 20.00 al Bar Rondò per poi spostarsi per le proiezioni e gli incontri in collegamento coi registi e le registe alle 22.00. Un finale perfetto, in attesa della prossima stagione di film Indocili.

Federico Benuzzi