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Ieri, a soli 74 anni, ci ha lasciato Pinuccio Sciola.

Mi ricordo ancora il giorno in cui passeggiavo per il lungomare di Golfo Aranci e mi ritrovai di fronte a dei monoliti di basalto con delle semplicissime incisioni parallele. Una signora mi diede una pietra e disse di passarla su di essi. In quel momento conobbi la magia delle pietre sonore di Sciola.

 

Voglio soffermarmi un secondo sulla formazione e le esperienze che portarono alle pietre sonore: Pinuccio, un giovanissimo contadino (grazie ad un maestro d’arte che vide in lui del talento) si ritrovò al Liceo Artistico di Cagliari e successivamente a Firenze, Salisburgo, Madrid e Parigi dove ebbe modo di studiare con artisti del calibro di Minguzzi, Kirchner, Kokoschka e Marcuse. Dopo gli studi, iniziò a viaggiare per l’Europa così conoscendo i grandi Aligi Sassu, Giacomo Manzù, Fritz Wotruba e Hanry Moore; finché non tornò in Sardegna realizzando così il coloratissimo “paese museo” di San Sperate (sua città natale), dove tutt’ora si trova un meraviglioso fulcro artistico e culturale in cui artisti di tutto il mondo danno forma ai murales che caratterizzano il piccolo centro.

Poco più che trentenne iniziò ad esporre in Italia, in luoghi prestigiosi come la Biennale di Venezia, la Besana e Piazza Affari a Milano e la Quadriennale di Roma. Arrivò pure in alcune delle più importanti città tedesche: nel 1994 le sue sculture furono esposte nel castello di Ooidonk in Belgio e nel 1996 e ’97 arricchirono il Palace Trianon di Versailles e il parco del centro Kunst Project di Barndorf Bei Baden a Vienna.

 

L’artista ebbe sempre la capacità di dialogare con i materiali donatigli dalla terra e plasmarli, dargli una forma ed una vita che mi piace pensare aspettassero solo di manifestarsi. Basti pensare ai Cadaveri scavati nei tronchi d’ulivo, o ai giganti di pietra.

Nel 1996 nacquero finalmente le sue pietre sonore: Sciola scoprì, tagliando ed assottigliando le superfici di monoliti che hanno vissuto la lunga durata di ere geologiche, che essi nascondono un suono.

Fu Pierre Favre a suonarle per la prima volta al Time in Jazz di Berchidda (festival ideato dal trombettista Paolo Fresu), in Sardegna. Il successo fu grande in tutta Europa (e non solo: espose pure a Shanghai con la mostra “La Verità dei Materiali”), tanto che Sciola collaborò con l’architetto Renzo Piano, che decise di collocarne una nel 2003 alla Città della Musica di Roma.

 

Altre sue opere degne di nota sono “i Semi della Pace” con cui nel 2008 ricoprì il sagrati della Basilica di San Francesco d’Assisi e la scenografia che realizzò per la Turandot al Teatro Lirico di Cagliari nel 2014.

 

Le opere di questo grande maestro sono oggi presenti in collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, oltretutto consiglio di visitare il suo personale Giardino Sonoro (a San Sperate): un uliveto in cui si possono ammirare i suoi suggestivi monoliti sonori in un’atmosfera magica che, personalmente, mi riporta al misticismo delle leggende nuragiche e che ha incantato ogni critico o semplice appassionato d’arte che vi abbia messo piede.

 

 

Elena Novarese