Ciao Luca, ti piacerebbe presentarti ai nostri lettori?
Certamente! Mi chiamo Luca Molino e sono un grande appassionato di teatro che è e continua ad essere la mia vita alternativa. Questo perché c’è da una parte il lavoro classico, quello che mi permette di pagare le bollette, mentre dall’altra la passione mai messa da parte. Anche se per lavoro sono responsabile amministrativo di un’azienda, collaboro sempre con la mia compagnia teatrale.
E dimmi, come è cominciata la tua passione per il teatro?
È tutto cominciato per caso. Avevo 16 anni quando ho iniziato a frequentare una scuola di danza e il corso di teatro-danza. Mi appassionava molto la figura del tersicoro, personaggio che sulla scena non recitava necessariamente, ma che diceva tutto con il corpo. Purtroppo a Bari non c’era granché all’epoca per cui, per poter approfondire, un amico di famiglia mi propose di provare un corso di teatro da fare durante l’estate. E li ho incontrato un ragazzo coreano, Fenyiu, che era un allievo di Carolyn Carlson, una delle madri del teatro-danza. Ho fatto così un corso di un mese sulla sperimentazione del corpo. Da lì sono stati poi a Parma perché al Teatro Regio cercavano dei ragazzi che facessero da contorno ai lirici. Quindi partecipai come danzatore figurante a uno spettacolo, “Un ballo in maschera” di Giuseppe Verdi. Così la cosa mi piacque sempre di più. Quando tornai a Bari, finito il liceo, mi iscrissi all’università a Roma dopo due anni e contemporaneamente volli approfondire il discorso teatro. Così frequentai la Silvio D’Amico e li seguii il corso classico di teatro.
So che il primo ruolo importante non ha tardato ad arrivare. Ci racconti come è andata?
Quando tornai a Bari dopo il primo anno un mio carissimo amico mi chiese di entrare in una piccola compagnia dove c’erano ragazzi chiamati a lavorare nelle opere liriche. La più importante in assoluto era il “Così fan tutte” a Milano con una coproduzione tra la fondazione lirica di Bari e il Piccolo di Milano. Lo spettacolo portava la regia di Giorgio Strehler. La cosa molto bella fu che da qui cominciò una tournee durata due anni durante la quale abbiamo girato davvero molto, sia in Europa che in Asia e in Russia.
Da diversi anni metti a disposizione le tue conoscenze teatrali all’interno dell’associazione scout AGESCI. Come definiresti il poter trasmettere la tua passione a persone più giovani?
Io penso che sia il motivo per il quale uno abbia una passione. Se si ha una passione e la si tiene nascosta, come fosse una cosa esclusivamente personale si rischia di perdere una grande occasione. La possibilità di mettere a disposizione degli altri le proprie competenze, anche gratuitamente, è una delle cose fondamentali. Non è tanto il saper fare una cosa quanto il saperla trasmettere, per far crescere ad altri la curiosità o per dare la possibilità di approfondire a chi si avvicina per la prima volta alla tua stessa passione.
Cosa è per te il teatro?
È difficile rispondere. Sicuramente si tratta di una macchina dove ci sono tante parti che lavorano insieme e ovviamente se queste non lavorano bene si rischia di compromettere il risultato finale. Meglio ancora, lo definirei una macchina dei sogni dove vedi per un momento la realtà filtrata dal genio di chi ha capito un po’ di più. Ecco, per me il teatro è questo.
Un consiglio a tutti coloro che vorrebbero buttarsi nel mondo del teatro o dell’arte in generale?
Quello che io dico sempre è che se si ha una piccola scintilla è facile far scoppiare l’incendio. Non deve essere mai una forzatura, né tantomeno una moda. In tutte quante le arti, intese anche come mestieri, se non hai talento difficilmente lo acquisisci. È vero anche che spesso lo si ha già senza saperlo per cui bisogna mettersi alla prova e capire. Quando ci si rende conto di essere in gamba allora quello è il momento buono per dire “ok, devo continuare”. Dopodiché ci vuole pazienza e tanta voglia di applicarsi.
Ringraziamo Luca per averci concesso quest’intervista.
Jonathan Frittoli