Giuseppe Penone è uno dei maggiori esponenti della cosiddetta “arte povera”, corrente artistica sviluppatasi in Italia – specificatamente a Torino – nella seconda metà degli anni sessanta e che ha come scopo una critica all’arte tradizionale per concentrarsi sull’utilizzo di materiali “poveri” come terra, legno, ferro stracci, scarti industriali come metafora della società contemporanea vittima del consumismo che ha relegato questi materiali a prodotti di serie b.
In questa installazione – site specific presso il museo di arte contemporanea di Rivoli – l’artista ha inserito in una stanza completamente vuota delle gabbie di ferro riempite da foglie di alloro. Al centro vi è una scultura di bronzo raffigurante dei polmoni. A seconda della scuola di pensiero, si può pensare che l’opera sia solo la scultura bronzea o vedere la cosa in un modo più globale, intendendo tutto come parte dell’opera.
L’intento di Penone è comunque quello di far entrare lo spettatore nell’opera, coinvolgendo 4 dei 5 sensi. L’odore, che viene diffuso dalle foglie di alloro, la vista -ovviamente- il tatto, in quanto si possono toccare le foglie e assistere man mano al loro processo di “morte” (appena fu fatta l’opera le foglie erano verdi e ora sono completamente secche) e udito, perché a seconda della zona che uno sceglie per parlare all’interno della stanza, vi è maggiore/minore eco.
L’opera risulta così effimera e destinata ad esaurirsi in poco tempo. Lo spettatore non può che provare un disagio evidente di fronte ad essa, così come è l’esaurirsi della vita destinata a consumarsi davanti ai nostri occhi.
Cristina Bagnasco