È innegabile che ci si trovi di fronte ad una certa difficoltà nel riassumere la trama di The Mountain, ultimo film del regista americano Rick Alverson e presentato in concorso alla 75esima mostra internazionale d’arte cinematografica. Uno sforzo che potrebbe rivelarsi anche estremamente vano nei confronti di un film la cui forma narrativa pare più un pretesto per raccontare qualcosa che trascende la storia in questione. Siamo negli Stati Uniti degli anni Cinquanta quando Andy, un ragazzo rimasto recentemente orfano, viene assoldato da un famoso lobotomista, vecchio amico di suo padre, che gli conferirà l’incarico di scattare delle foto ai suoi pazienti. Nel periodo di tempo passato a fianco del dottore, Andy svilupperà una certa diffidenza nei suoi confronti, scoprendo di sentirsi molto più attratto dai pazienti sottoposti alle barbare terapie.

TheMountain

Queste poche righe possono bastare a tracciare le coordinate narrative di un film bizzarro, che concede pochi punti di riferimento stabili, fino a farsi pura sensazione. Parlando principalmente attraverso immagini, tanto semplici negli elementi di messa in scena quanto rigorose nella composizione, The Mountain si rivela una sorpresa continua. Proprio come si trattasse di una scalata verso una vetta apparentemente irraggiungibile, questa incredibile opera sembra abbattere ogni resistenza nella propria fase iniziale, presentandosi come qualcosa di astruso ed incomprensibile. Eppure, così come dietro agli angoli di ogni sentiero montuoso si può celare uno scorcio in grado di incuriosire e sollecitare la nostra percezione, The Mountain fornisce allo spettatore una serie crescente di stimoli, invogliandolo a proseguire il percorso ed alleggerendo il carico di minuto in minuto. In questo lento ma appagante incedere può probabilmente stupire il modo in cui si giunge alla vetta, la quale non ha una precisa collocazione, ma non può che infondere un senso di gratificazione. A quel punto, volgendo lo sguardo alle proprie spalle e scrutando il tragitto percorso, questo ci potrà apparire anche più compatto di quanto non sembrasse nel momento in cui lo abbiamo compiuto.

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Per questi motivi The Mountain è un film sicuramente ostico, ma che nel corso del proprio svolgimento acquista la sua identità, sostenuto anche da notevoli interpretazioni attoriali. Ad un convincente Tye Sheridan nei panni del protagonista, infatti, vengono accostati un ottimo Jeff Goldblum nel ruolo del Dr. Fiennes e soprattutto un immenso (ancora una volta) Denis Lavant, il cui personaggio può essere considerato come il principale elemento attraverso il quale si manifesta l’dea di anti-narrazione perseguita dal regista.

Andrea Pedrazzi

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