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Terraforming Fantasies è la prima mostra personale del fotografo Geert Goiris, ospitata al salone di Palazzo De’ Toschi, a Bologna. Entrando nella sala la mostra si espande come una foce, le cui correnti si destreggiano sinuosamente tra degli scogli/moduli, veri protagonisti dello spettacolo.

I moduli consistono in strutture esagonali ad altezza canestro, nei quali l’artista ha incastonato le proprie opere, operando quasi una surreale levigatura della superficie del modulo stesso. Quando si percorre il salone, si riceve come la sensazione di venir accolti in un luogo esoterico, mistico, sorvegliato e protetto dai moduli che, causa il loro aspetto monumentale, appaiono in questo scenario come totem custodi di predizioni e saperi che scuciono la temporalità. Mentre all’architetto Kris Kimpe, amico e collaboratore del fotografo, il ruolo dell’allestimento del salone e posizionamento dei tronchi, a Geert Goiris il compito di levigarli e donargli volti. Per esprimere I “saperi” sopracitati, Geert si serve ed affronta il tema della Terraformazione, termine estrapolato dall’universo della fantascienza, che però negli ultimi anni sembra strabordare dalla sua brocca di origine e assistere alla sua sempre più concreta realizzazione. Il tema riguarda la possibilità di rendere abitabili satelliti e pianeti altri dal nostro, con l’immissione nell’atmosfera extraterrestre di agenti favorevoli alla vita. Difficile qui non rimandare il pensiero al disastro ecologico che il nostro pianeta (e l’uomo di conseguenza) sta affrontando, e la frenetica ricerca verso direzioni alternative che possano supportare la vita; difficile anche non pensare a Elon Musk, fondatore della SpaceX, uomo dalle grandi ambizioni, tra cui quella di portare l’umanità su Marte e quivi colonizzare. Colonizzare implica terraformare il pianeta, prima di renderlo accessibile alla vita umana.

Le opere di Goiris, però, non possiedono il compito di illustrare i meccanismi di una possibile terraformazione, bensì quello di prevederne i risultati, immaginarne lo sviluppo, documentarne la flora e la fauna. Io credo che nonostante le macro fotografie creino una forte seduzione per l’occhio dello spettatore, esse non riescano a raffigurare quell’idea di natura prima arida, che dopo l’intervento della terraformazione, si sviluppa poi in forme e colori inaspettati; piuttosto le fotografie di Goiris allargano la mia visione su un futuro terrestre rigeneratosi da un disastro nucleare che non contempla più la presenza dell’uomo, permettendo ai residui delle opere umane e alla natura, di mescolarsi, deformarsi, riprodursi in ibridi inaspettati dal fascino perentorio.

Osservo così la vittoria della natura sulla desolazione lasciata dall’uomo; oppure anche l’energico flusso di vita che senza intendersi delle opere umane, ricalca le strade che l’uomo percorse, coprendo le sue orme, perdendo le sue tracce. Quel che ne rimane è un spettacolo storto, dubbioso, eppur per questo profondamente affascinante.

Le fotografie di Goiris sono state realizzate su pellicole ortocromatiche, ad infrarossi (ovvero le pellicole utilizzate per le riprese e scatti aerei), durante lunghe esposizioni, servendosi della fioca, e per questo ancora più ambigua, luce del crepuscolo, in modo tale da concedere alle sue foto un aspetto ancora più ambiguo di quanto i soggetti già non lasciano credere.

Inoltre è possibile accedere all’interno di un paio di moduli presenti nell’installazione dove troveremo, in uno la video installazione da cui il progetto Terraforming Fantasies é iniziato, nell’altro la proiezione di lavori fotografici precedenti e contemporanei dell’artista stesso, realizzati durante e prima del suo approccio al tema della Terraformazione.

 

Luca Parentesi

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