I figli del fiume giallo si concretizza nel passaggio dallo sguardo in macchina di una bambina a quello di una donna di profilo, in quello da un uomo che si rialza ad uno che cade dalla sedia a rotelle, nella divisione fra lo yakuza movie e il melodramma.
Il cinema di Jia Zhangke ha sempre trattato di variazioni, quelle tra presente e futuro, tra luogo e tempo, della transizione dello spazio personale attraverso quello sociale; non sorprende quindi che il film narri della storia d’amore di Qiao e Bin attraverso tre salti temporali, 2001, 2006 e 2018, e che i loro avvicendamenti siano, ancora una volta, un pretesto per parlare d’altro.
Stavolta la descrizione del cambiamento della Cina può avvenire staccando la spina del microfono ad un nostalgico di Mao, o sostituendo alle miniere di carbone una bisca clandestina; ma anche ballando YMCA dei Village People (così come in Al di là delle montagne del 2015 faceva Go West dei Pet Shop Boys) o ancora con luoghi non casuali come la provincia dello Shanxi, dove è nato il regista ed è ambientato parte di Il tocco del peccato del 2013, o la Diga delle tre gole, vera protagonista di Still life del 2006.
In realtà, di riferimenti ai film precedenti I figli del fiume giallo è pieno zeppo; basti pensare ad alcuni dettagli: lo sguardo premonitore dei protagonisti su un film d’azione di Hong Kong, allo stesso modo di Il tocco del peccato (questa volta è Tragic hero del 1987) o ai ravioli al vapore preparati dalla solita protagonista, Zhao Tao, compagna di Zhangke e attrice onnipresente. È in tal senso che il film appare, per la prima volta, come una riflessione dell’autore non su ciò che viene mostrato, ma sulle sue modalità di rappresentazione; un confronto con la propria filmografia dimostrato dalla decisione di utilizzare scene escluse dal montaggio in altri film, e da un epilogo la cui intimità viene presentata tramite i campi lunghissimi che hanno sempre caratterizzato lo sguardo del regista. Così I figli del fiume giallo si rivela come un buon film, che forse non ha la forza dei lavori precedenti, ma che mette in scena il confronto fra uno dei maggiori autori della “sesta generazione cinese” e la sua poetica.
I figli del fiume giallo è stato presentato al Festival di Cannes 2018 e in Italia è nelle sale dal 9 Maggio.
Roberto Di Matteo