
Molto spesso dimentichiamo quanto la nostra concezione di opera d’arte sia distorta ed errata, e in particolar modo quando facciamo riferimento ad alcuni oggetti, in genere reperti archeologici che non rientrano nelle grandi categorie di opere d’arte famose o di monumenti. È questo il caso dell’elmo di Sutton Hoo. Circa ottant’anni fa, nella fredda East Anglia, poesia e archeologia si incontrarono, e da un remoto passato quest’elmo ci narra di gloriose battaglie e di un mondo che aveva il suo cardine nel Mare del Nord.
Nell’estate del 1939, Sutton Hoo, a pochi chilometri dalla costa del Suffolk, divenne teatro di una delle più entusiasmanti scoperte archeologiche su suolo britannico. Il rinvenimento fu opera dell’archeologo Basil Brown, che trovò l’elmo all’interno del tumulo n. 1. Nella nave venne rinvenuto un elmo insieme ad una serie di oggetti preziosi provenienti da tutt’Europa: armi e armature, complessi gioielli d’oro, recipienti d’argento per banchetti e monete. In ambito anglosassone non era avvenuto mai nulla di simile, ma una domanda sorgeva spontanea a questo punto: come mai non vi era sepolto nessuno in quel luogo?
All’inizio gli archeologi ipotizzarono che si trattasse di un cenotafio (una tomba simbolica senza corpo), ma oggi l’ipotesi più accreditata ritiene che il corpo fosse presente, ma che a causa dell’acidità del terreno si fosse dissolto. Infatti la nave può essere intesa come un contenitore stagno, e l’acqua che filtra attraverso il suolo si accumula al suo interno, creando una sorta di bagno acido in cui la materia organica al suo interno (incluso il legno) si dissolve senza lasciare traccia.
Non si sa chi fosse il proprietario della tomba, ma l’elmo dà un volto ad un passato sfuggente, che da allora riempie libri e giornali. È l’elmo di un eroe, che ci rimanda immediatamente al Beowulf, il grande poema epico anglosassone. Ma, oltre a rievocare un grande senso di epicità, l’elmo è un’opera d’arte vivente, realizzato con grande maestria e decorato con materiali degni di un eroe o di un sovrano.

L’elmo è composto da un coppo a capanna, dove per mezzo di cerniere si uniscono i guanciali, il para nuca e la maschera facciale. Tutte le parti sono composte da piastre di ferro, unite tra loro da strisce metalliche. Le piastre sono riccamente incise e in genere i soggetti principali sono guerrieri a piedi o a cavallo, impegnati a lottare tra i morti. La maschera facciale è di certo la parte più interessante dell’elmo, in particolare perché è caratterizzata da tratti somatici realistici: archi metallici sopra i fori oculari raffigurano le sopracciglia, divise da un nasale piatto a rilievo aperto da buchi per la respirazione, e terminanti con dei baffi e delle labbra sbalzate. Tutti questi elementi sono impreziositi da una lamina dorata e argentata, e insieme vanno a creare la figura di un uccello ad ali spiegate, ai cui estremi si trovano rivolte verso l’esterno due teste di cinghiale, anch’esse riccamente decorate.
Ovviamente l’elmo non apparteneva di certo ad un eroe di fantasia, ma con tutta probabilità ad un capo militare storicamente esistito. L’unico problema è che la sua identità è ancora sconosciuta. Venne ipotizzato allora che potesse appartenere a Raedwald, re degli Angli orientali, che Beda il Venerabile nomina nella sua Storia ecclesiastica degli Angli, e che probabilmente fu il sovrano più potente di tutta l’Inghilterra intorno ai primi anni del 600 d.C. L’attribuzione a Raedwald è però in genere basata sulla ricchezza del corredo, ritenuta giustificante la sua appartenenza al primo sovrano cristiano anglo del sud del fiume Humber, e quindi non basata su dati certi.
Ciò che tuttavia è certo è che l’elmo di Sutton Hoo è un vero tesoro proveniente dal passato, un’opera d’arte e allo stesso tempo un oggetto con un proprio scopo pratico, che più di mille parole ci trasmette un senso di potenza e prestigio della persona a cui era appartenuto.
Tommaso Amato