
È il posto che racchiude l’essenza di ciascuno di noi, il nostro Io più profondo e vero, forse perché custodisce gli oggetti più cari, ospita le riflessioni e i pensieri, dà forma ai sogni e permette di chiuderli momentaneamente nel cassetto del comodino, per poi renderli realtà.
È sul letto che riversiamo tutte le ansie della giornata, tutta la stanchezza accumulata: è lì che troviamo un rifugio, un posto in cui tramutare la fatica in nuova linfa vitale, in energia da impiegare per affrontare una nuova avventura.
Nei suoi tre dipinti dal titolo “La camera di Vincent ad Arles”, realizzati tra il 1888 e il 1889, un anno prima della sua morte, Van Gogh rappresenta proprio la sua stanza da letto, facendole letteralmente prendere vita, tanto che sembra di viverla insieme a lui, di condividere le emozioni nascoste lì dentro. La camera è arredata con pochi oggetti: il letto, due sedie e un piccolo tavolino su cui sono poggiati anche un bicchiere e una brocca. Alle pareti, uno specchio, un asciugamano, un attaccapanni e dei quadri appesi, tra ritratti e schizzi.
Un arredamento scarno e abbondanza d’arte: è, quindi, questo a caratterizzare la stanza di Van Gogh, a racchiuderne l’essenza. A livello pittorico, le linee di contorno degli oggetti rappresentati sono nette e scure, e racchiudono campiture di colore intenso. A spiccare è il rosso brillante della coperta, che contrasta con la seduta verde di entrambe le sedie poste a sinistra. Un senso di tranquillità e di equilibrio è, poi, fornito dal colore blu cielo delle pareti, complementare al giallo arancio degli arredi. Ed è proprio il colore il centro emotivo del dipinto, l’elemento materiale con cui il pittore può mettere sulla tela le proprie sensazioni, gesto materialmente compiuto spremendo direttamente il colore e modellandolo con le dita o con il pennello, come a stabilire un contatto immediato con la tela, con il quadro e con ciò che vi sta prendendo forma e contenuto.

Vincent Van Gogh (Zundert, 30 marzo 1853 – Auvers-sur-Oise, 29 luglio 1890), pittore olandese di grande spicco, fu autore di quasi novecento dipinti e di numerosi disegni, più di mille: iniziò a disegnare molto presto, sottoposto a norme severe e rigide da parte del padre, mentre la passione per la pittura venne sperimentata più tardi, a ventisette anni, dieci prima della sua prematura morte. Tra autoritratti, nature morte e paesaggi, Van Gogh influenzò fortemente l’arte del XX secolo, tanto da rappresentare una pietra miliare nel panorama artistico mondiale fino ai giorni nostri. Non altrettanta fortuna ebbe nel corso della sua breve esistenza, nella quale riuscì a vendere un solo quadro, “La vigna rossa”, costretto a soffrire a causa di frequenti disturbi mentali.
E, molto probabilmente, il luogo adibito a contenere i picchi della malattia fu proprio la sua stanza. La prospettiva ondeggiante contribuisce ad acuire il lato emotivo del dipinto, reso più caldo, più umano. Il fatto stesso che il pittore abbia dipinto lo stesso quadro tre volte avvalora il concetto: dopo che il primo, realizzato da Van Gogh nell’ottobre del 1888, fu distrutto da un’inondazione, il pittore decise di farne altre due copie. In una lettera al fratello Théo, spiegando i motivi per cui avesse deciso di realizzare una tale opera, Vincent disse di voler “esprimere la tranquillità e far risaltare la semplicità della sua camera da letto per mezzo di un simbolismo cromatico”.
Chiara Pirani