Torna su InkComics l’appuntamento con Old but Gold, dove tratteremo di un altro capolavoro che ha segnato la storia del cinema fumettistico mondiale.        
12 Ottobre 1985. Un uomo precipita da un palazzo di New York e una goccia di sangue macchia per sempre un sorriso. Edward Blake, il Comico, è morto. Rorschach (forse il personaggio più enigmatico ed affascinante dell’intera opera), suo ex-collega, è convinto che Blake sia solo il primo della lista e che qualcuno stia complottando contro gli ex-eroi in costume, ridotti all’inattività dal decreto Keene. Gli USA, in piena Guerra Fredda, in mano ad un già tre volte rieletto Richard Nixon, tengono sotto controllo un deterrente nucleare vivente, ovvero il  dr. Manhattan. Gli eventi porteranno Spettro di Seta (II), Gufo Notturno (II), e l’uomo più intelligente del mondo, Adrian (Ozymandias) Veid, a tornare in azione per sventare questa minaccia che rischia non solo di annientare la comunità superumana, ma al contempo anche di scatenare una guerra nucleare. Sull’orologio dell’apocalisse, la mezzanotte si fa sempre più vicina.      

Capolavoro indiscusso della storia del fumetto, Watchmen fu scritto da Alan Moore e disegnato da Dave Gibbons, pubblicato in dodici albi mensili dalla DC Comics tra il 1986 e il 1987 e raccolto in volume unico nel 1987. Gli autori riscrissero così le regole tipiche dell’universo supereroistico. I giustizieri che vivono nell’epoca della terza candidatura di Nixon e della vittoria americana in Vietnam non hanno superpoteri (ad eccezione dell’iperbolico Manhattan): sono sporchi di malefatte, appesantiti dalle nevrosi e sedotti dal delirio, sia esso di onnipotenza o di indifferenza. Si muovono dentro colori acidi e l’aria che si respira è densa come la melassa.

La trasposizione cinematografica di Zack Snyder del 2009 è degna di portare con orgoglio il titolo della graphic novel, diventando essa stessa capolavoro del cinema supereroistico. Watchmen  diventa così un’epopea sul tramonto dell’American Dream e sulla nascita della “paranoia della fine”, con quegli anni ’80 rappresentati con tanta forza distruttiva da fornire uno spaccato dal fascino terribile e ineluttabile. Nonostante la scelta coraggiosa e coerente di forzare sempre la mano, in un paio di occasioni Snyder perde il controllo ed esagera, ma nel complesso rende giustizia al capolavoro di Moore e Gibbons. Certo gli amanti del novel originale potrebbero storcere il naso in alcune occasioni, ma non è questo il caso, in quanto saranno capaci di apprezzare questo film dai toni cupi quasi allo stesso livello del fumetto originale. E il pubblico neofita che non ha avuto la possibilità di conoscere il grande capolavoro cartaceo di certo sarà invogliato a leggerlo, in quanto la forza del film travolge lo spettatore e lo spinge ad appassionarsi a tale universo.

Watchmen è un film prepotentemente spettacolare e commovente. Una pellicola densa, piena, di una solidità tale da far ricordare Il cavaliere oscuro di Nolan, con la differenza che i personaggi risultano più plastici, l’estetica più immediata e slanciata, gli umori più decadenti e degradati.        
Il mondo di Watchmen, inutile dirlo, risulta estremamente affascinante, sia per la sua fantascientifica realtà storico-politica, sia per l’ambiguità dei protagonisti, affamati di giustizia, che seppur eroi sono prima di tutto umani, e come tali anch’essi inclini al peccato, alla violenza, alla distruzione.

Le scelte registiche di fondo sembrano tutte azzeccate, a partire da un sapiente e mai eccessivo utilizzo dello slow-motion nei combattimenti, passando per le coreografie urbane da cinema noir e per una violenza splatter spesso gratuita, ma mai disturbante o esagerata (a parte quel pugno allo stomaco dovuto alla scena della bambina data in pasto ai cani), fino all’incantevole incedere di una storia mai pesante né troppo frivola.       
Insomma Watchmen, sia come lungometraggio che come graphic novel, ci insegna che nonostante i buoni propositi la natura umana è corruttibile, ma nel marciume che si nasconde dentro ognuno di noi vi è sempre la possibilità di redenzione.

Tommaso Amato

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