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Da questo mese abbiamo delle novità: mensilmente la rubrica InkComics ospiterà l’appuntamento Old but Gold, in cui tratteremo dei vecchi film che hanno fatto la storia del cinema fumettistico. E quale modo migliore di inaugurare il nuovo appuntamento se non in grande stile, proponendo una delle trilogie più belle mai realizzate? Ovviamente parliamo della trilogia de Il Cavaliere Oscuro diretta da Christopher Nolan.

Ci sono voluti 7 anni per completare una trilogia che ha avuto un fortissimo impatto sul modo in cui oggi concepiamo un cinecomic. I tre film diretti da Nolan non sono altro che una grande saga epica divisa in parti: nascita, fallimento e redenzione di un’icona fumettistica importante come Batman. Quasi impeccabile sotto il profilo tecnico e recitativo, l‘intera trilogia gioca sulla nuova idea di cinecomic basata sull‘introspezione e sul fattore realistico. Se i film di Tim Burton mancano di realismo e ci mostrano un mondo parallelo dove si ha una visione sopra le righe e i nuovi film del DC Extended Universe cercano di ricreare le regole imposte da Nolan (non riuscendoci al meglio), Batman Begins (2005), Il Cavaliere Oscuro (2008) ed Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno (2012) vengono creati attraverso l’azzeramento totale di tutti i lavori cinematografici precedenti fatti sul personaggio ed un ritorno sotto una nuova chiave di lettura, rendendola inimitabile. Di certo ha contribuito a tale successo anche la scelta di un cast stellare, tra cui Christian Bale nei panni del crociato oscuro (che rimane attualmente la miglior interpretazione del personaggio mai avuta nei film).

In Batman Begins si parla di origini, di crescita, di amore e soprattutto di paura. Paura di non essere abbastanza forte per cambiare le cose e difendere la propria città. E allora qui l’eroe diventa un simbolo di giustizia e paura che sconfigge la propria (i pipistrelli) identificandosi con essa per la sua crociata contro il crimine e contro la Setta delle ombre che si stava preparando sotto la guida di Ras Al Gul a distruggere la città.
Il secondo capitolo della trilogia, di certo quello che ha segnato il grande successo dell’intera saga, divenendo il film con cui Nolan abbatte ogni barriera del genere supereroistico, dà vita ad un cinecomic d’autore che supera ogni limite e a sua volta ne crea di nuovi, quasi impossibili da raggiungere. Se il tema principale del primo film è la paura, in questo troviamo la follia più pura rappresentata dalla nemesi di Batman: Joker (interpretato in modo insuperabile da Heath Ledger). Il piano del folle villain è quello di dimostrare che chiunque è corruttibile, e che le persone indossano una maschera di sorrisi che distorce la vera natura del loro essere. Joker viene rappresentato come un agente del caos, dove lo stesso eroe fatica a contenere tale follia.

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Passando al terzo capitolo, ci si ritrova in una Gotham pacificata, dove vige il Dent Act che ha permesso di riempire le carceri sgominando il crimine organizzato, e dove Batman manca da otto anni, sin dalla morte di Dent, che era stato corrotto dal Joker, ma le cui colpe erano state prese come fardello da Batman, in quanto Dent era il simbolo dell’incorruttibilità e tale doveva rimanere. Una serie di eventi lo porterà ad indossare nuovamente il nero e ad affrontare un nuovo nemico, che riporterà a galla demoni del passato. Qui, Bane, nei panni di un terrorista dedito a governare la città con la tirannia per liberarla dal capitalismo e dalle classi predominanti, persegue la visione della Setta delle Ombre ora sotto la guida di Talia Al Ghul, figlia di Ras. Quello che anima gli eventi è qui uno scontro di ideali: il terrorismo di Bane contro l‘ordine costituito di una società civile che si vede portar via la propria libertà. Ritroviamo ancora la paura, ma questa volta intesa come necessaria ai fini della sopravvivenza e della vita. È metaforicamente rappresentata da un pozzo da scalare simile a quello dove cadde Wayne da piccolo, suggerendoci che senza essa non ci sono stimoli, che la sua negazione comporta la morte interiore. Accettandola, si ha la forza di farcela proprio come farà Bruce, uscendo dal suo incubo e debellando la nuova minaccia, prima di morire simbolicamente come persona e trascendendo a simbolo immortale.

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Grazie a questa trilogia, si è potuto dimostrare che non tutti i supereroi sono bidimensionali ed in tutine attillate, cogliendo l’essenza di un personaggio complesso e spesso frainteso. Ma, soprattutto, abbiamo capito che ognuno di noi può essere un eroe compiendo un semplice gesto, facendo la cosa giusta, rassicurando chi ne ha bisogno purché nessuno si senta solo, perché, nonostante tutto, il mondo non è finito.

Tommaso Amato

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