SEZIONE CE L’HO CORTO
Il ticchettio di un orologio sembra scandire i momenti di una giornata qualunque: la macchina da presa del giovane regista tailandese Parin Intarasorn si concentra sulle azioni compiute da una donna, carpendone i movimenti, gli attimi di meditazione, i momenti in cui ascolta musica o mangia. Il ritmo narrativo è molto lento e invita lo spettatore, soprattutto dopo i primi minuti, a concentrarsi sui dettagli. A metà del corto, la donna si chiede: “Cos’è la mia mente?”. Questa riflessione contrasta con i fotogrammi che vengono mostrati qualche attimo dopo, in cui si può percepire il rumore assordante prodotto dalla città, che si staglia prepotentemente sulla scena con i suoi grattacieli, i grandi marchi, la pubblicità, e questo rumore si fa sempre più intenso, parallelamente alla velocità con cui si susseguono i fotogrammi: è l’ingestibilità del materialismo, che arriva a plasmare la mente di ciascuno, fino ad annientarne l’essenza, a distruggerla, come accade materialmente nel corto.
La macchina da presa di sofferma, poi, sulla frase “We build what you dream”, a cui segue l’inquadratura di un mucchio di macerie e di rottami, a rafforzare il concetto-chiave del corto: la materia che ci circonda ricopre un ruolo determinante e ha un potere molto forte sulla mente di ognuno, tanto da riuscire a plasmarla a proprio piacimento e a divorarla gradualmente.
Chiara Pirani