In programmazione Netflix dal 5 febbraio 2021, il nuovo film in b/n di Sam Levinson, figlio d’arte di Barry Levinson, è un dramma sentimentale ambizioso e dagli innumerevoli omaggi cinematografici. 

Malcolm e Marie fanno rientro nella loro residenza dopo aver partecipato alla prima del film scritto e diretto da lui. 
Una serie di dinamiche relazionali costringono gli amanti a innescarsi e disinnescarsi a vicenda attraverso sequenze di attacchi verbali. E, durante la notte, un vortice di non detti fanno emergere la rabbia e il risentimento che provano l’uno verso l’altra. 

Malcolm, interpretato da John David Washington – volto noto alla critica occidentale per il ruolo da protagonista in Tenet di Christopher Nolan – è euforico e “rabbioso” per la buona riuscita del suo film. Marie – Zendaya, star della serie tv Euphoria, trasmessa da HBO e ideata dallo stesso regista – è divisa tra l’assecondare il suo partner e il risaltare sé stessa.

L’ego di entrambi, in chi esuberante e in chi superficialmente assente, rappresenta il punto di partenza dello scontro. Nessun respiro ai personaggi; una lite si accende, viene smorzata da uno dei due, se ne accende una successiva. 

Dinamiche relazionali non lontane da quelle comuni portate all’estremo e racchiuse in uno spazio temporale ristretto, all’interno delle mura domestiche, in una visione profondamente teatrale. 

Una lotta al potere in cui nessuno vuole lasciare l’ultima parola all’altro, neanche se entrambi sono consapevoli del sentimento che li lega e che, prima o dopo, il sole sorgerà e tutto sarà come prima. Questa non sembra essere una situazione isolata, ma l’ennesimo evento in cui le liti prendono questa forma di attacco, contrattacco e una difesa di sé stessi debole, non credibile. Si conoscono, sanno come ferirsi a vicenda, sono consapevoli di come rimettersi in piedi anche se doloranti. E le parole e i gesti evocativi si somigliano, come nel profondo anche i personaggi. 

Il cinema nel cinema trasporta il discorso su un livello differente nel momento in cui approda nella vicenda la prima recensione ufficiale del film di Malcolm. Ed ecco un monologo di lunghi minuti scanditi dalla rabbia del protagonista, in cui denuncia ciò che la critica specializzata tende a rappresentare  nei film contemporanei e non solo. Una spiegazione polemica, per citare il film “a caratteri cubitali” delle filippiche stereotipate che ad oggi vengono messe in atto, fino ad approdare al politically correct, che tanto è presente nel giudizio, tanto in chi quel film deve produrlo, prima tra tutti attualmente casa Netflix, apprezzabile in questo caso per aver lasciato carta bianca al regista. 

La voce possente di Sam Levinson, – che scrive e dirige il film in tempi brevi, con un budget limitato e durante la pandemia mondiale – si mescola con quella del protagonista quasi ad intimidire o forse a sfidare il prossimo a scrivere di Malcolm e Marie come l’ennesimo prodotto di un uomo bianco cis che intende mettere in scena la vicenda di due persone nere di cui una delle due è donna. Un atteggiamento senza dubbio coraggioso, anche azzardato in fondo, ma tendente alla verità, perché il prodotto finale è interessante, con una sceneggiatura brillante, una cura profonda verso le dinamiche relazionali – senza dubbio tossiche in alcuni frangenti, ma non è il film a condannarle – rese abbastanza scontate da risultare realistiche e disturbanti. 

Una visione piacevolmente accompagnata dalle  musiche di Labrinth, con una cura estestica impeccabile data dal D.O.P Marcell Rév, che con Levinson si diverte a scavalcare il campo, scambiando le posizioni e i ruoli dei protagonisti, di volta in volta. 

Il film sta scatenando una divisione della critica e del pubblico e, se non altro per questo motivo, la visione ne è maggiormente consigliata. 

Sarah Corsi 

Guarda il trailer di Malcolm & Marie:

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