Regia: Ian Cheney e Sharon Shattuck

Per quanto possa sembrare strano, è solo da pochi anni a questa parte che si è iniziato a parlare dei pregiudizi nel mondo della scienza. L’immagine stereotipata dei “topi da laboratorio”, unita ai siparietti repellenti di Big Bang Theory, probabilmente non ha aiutato il dibattito su un problema che ha coinvolto centinaia di persone e che è radicato in praticamente tutte le università.

Non è semplice associare un concetto come quello di “cameratismo da spogliatoio” con il dipartimento di geologia o con un eminente biochimico che si fa scappare una battuta allusiva ad un buffet.

Picture a scientist si propone di smontare il pregiudizio sulla presunta neutralità del mondo scientifico, aprire gli occhi degli addetti ai lavori e del grande pubblico, puntare i riflettori su una lotta decennale che non ha ricevuto la dovuta attenzione e fare un primo bilancio di quanto si sia ottenuto finora.

Si parte dal classico “la scienza non è una cosa da donne” al più recente “lei è qui per suo marito?”, passando per le diverse sfumature di pregiudizio che colpiscono le donne in generale e le persone di colore in modo ancora più diretto.

Le storie raccontate in questo ottimo (ed inquietante) documentario non solo denunciano la drammatica situazione degli ambienti accademici in materia di molestie, gender gap e omertà, ma rivendicano un cambio di rotta in nome di un principio tanto evidente da sembrare scandaloso e sovversivo: 

“se credi che per la scienza, la passione e le capacità siano distribuite equamente tra i sessi; se togli le donne hai perso metà delle menti migliori. Possiamo davvero permetterci di perdere queste scienziate di altissimo livello?” 

No. Non possiamo più permettercelo. Per questo, documenti come l’MIT report e azioni come l’allontanamento di personaggi nefasti come Dave Marchand sono solo i primi passi di una battaglia che è appena all’inizio.

Picture a scientist è un documentario da non perdere.

Marco Lera

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