Regia: Ridley Scott
Con: Matt Damon, Jessica Chastain, Kate Mara, Micheal Pena, Chiwetel Ejiofor.
È una sensazione strana. Ovunque vada, sono il primo. Un passo fuori dal rover? Il primo che ci sia mai stato! Scalare un dosso? Il primo a scalare quel dosso! Calciare una pietra? Quella pietra non si è mossa per milioni di anni! Sono il primo uomo a percorrere una lunga distanza su Marte. Il primo uomo a passare più di trentuno sol su Marte. Il primo uomo a coltivare su Marte. Il primo, il primo, il primo!
Ho deciso di approfittare della settimana del cinema per andare a vedere tutti quei film che probabilmente non avrebbero attirato la mia attenzione a prezzo intero, lo ammetto. E The Martian si è prestato a conferma di questa mia scelta.
La storia è tratta dal romanzo L’uomo di Marte di Andy Weir (2011, ndr) e anche nella sua versione cinematografica segue il classico modello hollywoodiano Incidente-Abbandono-Salvataggio.
Un astronauta e biologo, Mark Watney (Matt Damon) viene sorpreso da una tempesta di sabbia durante una missione spaziale su Marte rimanendo disperso e il comandante Melissa Lewis (Jessica Chastain) decide di abbandonare il pianeta insieme al resto dell’equipaggio credendolo morto.
Da qui in poi viene presentato linearmente tutto il percorso che porta Watney a riuscire a salvarsi grazie alle sue provvidenziali doti di biologo e l’aiuto della NASA, trascinata da un coinvolgente Chiwetel Ejiofor nel ruolo di Vincent Kapoor, contattata tramite la vecchia sonda Pathfinder.
*SPOILER ALERT*
La missione, non senza iniziali intoppi ed incidenti, grazie all’aiuto dell’agenzia spaziale cinese e di un ammutinamento controllato dell’equipaggio del capitano Lewis riesce a recuperare Watney e a farlo tornare a casa sano e salvo.
*FINE DEGLI SPOILER*
Se devo muovere critiche al film, non lo farò sicuramente dal lato tecnico. La regia, il montaggio, la scenografia e le immagini suggestive del deserto di Uadi Rum in Giordania e degli effetti speciali nello spazio aperto fanno sì che si tratti di uno splendido spettacolo per gli occhi.
Le mie perplessità nascono dalla sceneggiatura e dallo sviluppo dei personaggi. In sala non sono riuscito a sentire il dolore di un uomo abbandonato a sé stesso in un luogo sconosciuto come in Cast Away (Cast Away, Robert Zemeckis, 2000 ; ndr) e neanche l’intensità scientifica e la contemplazione filosofica propria invece di un film dello stesso genere come Interstellar (Interstellar, Christopher Nolan, 2014 ; ndr).
Uscito dalla sala ho pensato: ma quindi, un uomo rimane solo per quasi due anni nello spazio abbandonato a sé stesso e i suoi unici problemi sono il ketchup e la musica disco lasciata nella base dal capitano? Il percorso psicologico dell’abbandono viene messo da parte per lasciare spazio a battute più leggere per quasi la totalità del film. La psicologia del survivor viene ripresa solo verso la fine della pellicola ma tende a stridere con la continuità creatasi fino a quel momento dal copione.
Penso che da un attore come Matt Damon, capace di emozionare con interpretazioni quali Il talento di Mr. Ripley e Salvate il soldato Ryan, un regista si possa permettere un approfondimento psicologico molto maggiore e soprattutto molto più coinvolgente, nonostante la sua performance sia stata comunque di buon livello e accompagnata da un cast molto ricco e variegato (anche se penalizzato da una sceneggiatura e una caratterizzazione a tratti banale).
The Martian-Il Sopravvissuto potrebbe non essere un film fantastico, ma è sicuramente un grande prodotto di intrattenimento che riesce a tenere gli spettatori con il fiato sospeso per più di due ore e anche a strappare qualche risata spontanea. Antonio Berardone