Negli ultimi anni, la fotografia, di strade ne ha percorse tante. Oggi , per comprendere il linguaggio delle immagini, bisogna porsi in modo trasversale e avventurarsi in varie direzioni, senza dimenticare di aderire alle contaminazioni tra diversi ambiti . Il mezzo fotografico, dal giorno della sua nascita nel 1839, ha posto le basi per strutturare la nostra esperienza visiva in modo differente, trasformando il mondo in una raccolta infinita di immagini assimilabile ad un archivio.
Nan Goldin, ad esempio, ha usato il medium fotografico come ‘’diario in pubblico ‘’ cercando di fissare la vita quotidiana di una piccola cerchia di giovani, come antidoto allo scorrere del tempo che divora tutto. A soli undici anni, un evento tragico la cambiò radicalmente. La morte della sorella maggiore Barbara, che si uccise sdraiandosi sui binari di una ferrovia. Da qui inizia il suo drastico rapporto con la morte e con la fotografia,una ricerca intima e maniacale che le ha permesso di sentirsi più vicina alle persone scomparse.
‘’Pensavo che non avrei perso nessuno se lo avessi fotografato. Le mie foto mi ricordano quanti amici ho perduto’’
Siamo alla fine degli anni settanta, è il periodo della controcultura newyorkese, i giovani rifiutano la visione standardizzata del mondo, spingendosi al limite, incapaci di resistere al richiamo della vita sregolata e consumata . E’ anche il periodo del glam rock, subcultura nata dal movimento hippie degli anni sessanta.
Gli hippie diffondevano ideali di libertà stilistica e sessuale, ma, ad eccezione dei Velvet Underground e Iggy Pop, il movimento fu di fatto anti stile e eterosessista . Attorno ai primi anni settanta, grazie all’influsso di Warhol, del regista John Waters e di cantautori come Bowie che giocavano, tramite atteggiamenti androgini e ambigui, con le identità, si iniziò a dare spazio alle più differenti tendenze sessuali. E’ esattamente questo periodo storico e sociale che viene descritto nel lavoro di Nan. Aveva bisogno di documentare ciò che succedeva intorno a lei, la sua vita e quella dei suoi amici. Le immagini raccontano una storia che in sé non è una storia, ma piuttosto un susseguirsi di corpi e volti, sospesi e neutralizzati, persi in utopie paranoiche alimentate dalle droghe. Da brava voyeur, Nan, immortala la testimonianza veritiera e poetica della cultura urbana, mettendo a nudo se stessa e i sentimenti dei suoi protagonisti. Dopo film come Trainspotting e Requiem for a Dream non è facile concepire la sensazione che si prova di fronte alla visione soggettiva e perentoria di un mondo così personale, forse Nan ci ha riportato la più approfondita cronaca di quel periodo. Lei è riuscita a restituirci una visione più chiara, ma al tempo stesso più scura, in cui le luci e le ombre si confondono e la vita e la morte si fondono.
Valeria Dellisanti