Clint Eastwood non ha certo bisogno di presentazioni: la sua lunga carriera nel mondo del cinema lo ha visto prima attore e poi autore di grandi successi cinematografici, imponendosi come uno dei registi americani più amati ai giorni nostri. È la prima volta che mi trovo a recensire il lavoro di un autore di questo calibro e ho fatto del mio meglio per essere convincente nelle righe che seguiranno.
“Sully” è il trentacinquesimo lungometraggio di Eastwood ed è interpretato tra gli altri da Tom Hanks, Aaron Eckhart, Lura Linney e Anna Gunn.
Come il precedente American Sniper, il film è basato sull’autobiografia di un eroe americano della storia recente, con la differenza che il cecchino Chris Kyle era appunto un soldato, un individuo quindi chiamato, almeno a livello di archetipo, a compiere gesta eroiche, Chesley “Sully” Sullensberg invece era (attualmente è in pensione) un pilota di linea che il 15 gennaio 2009 è riuscito a salvare l’intero equipaggio dell’ US Airways Flight 1549 (155 persone) con un atterraggio disperato nel fiume Hudson.
Il film mostra il processo al quale Sully fu sottoposto dal Dipartimento del Trasporto che lo accusò di incompetenza. Sully (Tom Hanks) vuole quindi fare la parte dell’uomo comune che grazie all’abilità maturata nel suo campo è riuscito a compiere un miracolo e a diventare un eroe suo malgrado.
Purtroppo la sceneggiatura del film non riesce ad andare oltre il fascino del fatto di cronaca in sé impacchettando un’opera che ricostruisce idealmente i fatti ma che di fatto è incapace di intrattenere nonostante la regia perfetta e le riprese IMAX (è il primo lungometraggio a essere girato completamente in questo formato). Un film non abbastanza drammatizzato per essere tale e troppo drammatizzato per essere un documentario, la sensazione è quasi quella di ritrovarsi di fronte a una delle ricostruzioni in studio di fatti di cronaca che vengono montate nei documentari, tornando ad American Sniper infatti anche in questo caso la celebrazione dell’eroe viene coronata alla fine del film con immagini di repertorio. Nemmeno un attore formidabile come Tom Hanks riesce a far spiccare il volo al film dal momento che la sceneggiatura ha tratteggiato un personaggio psicologicamente poco profondo e quasi piatto.
Si percepisce da parte di Eastwood l’idea di celebrare il lato grande dell’America mettendo in scena non solo un eroe ma un esercito di eroi che contribuiscono al salvataggio dei civili a bordo dell’aereo. L’America che risorge dopo l’11 settembre 2001 che viene citato in una battuta con un sistema di sicurezza incredibilmente efficiente insomma, tanto da riuscire questa volta a salvare l’intero equipaggio di un aereo da una situazione drammatica, idea romantica ma largamente contestabile sul piano ideologico.
Ma tralasciando l’ideologia di Eastwood quello che manca al film è qualcosa da raccontare, c’è una storia, c’è un fatto ma in nessun momento sono stato rapito dalle situazioni o dai personaggi, nemmeno durante il climax del processo, “Sully” non va oltre il suo dovere di raccontare un fatto con una certa idea di America e di cittadino americano in mente non coinvolgendo minimamente lo spettatore, o almeno uno spettatore europeo che difficilmente riuscirà a sintonizzarsi con il sentirsi americano di Clint Eastwood. E tornando ad American Sniper anche in questo caso la celebrazione dell’eroe viene coronata alla fine del film con immagini di repertorio.
Marco Andreotti