Damon Albarn torna dopo sette anni con la band virtuale che ha caratterizzato e segnato gli anni del nuovo millennio. Nel mezzo del ritorno dei Blur, sotto spinta dei fan che mai hanno dimenticato la “cartoon band”, Damon compone numerose tracce utilizzando garage band durante viaggi e le pause dei tour, come lui stesso ha ammesso, sfogando tutti i suoi lati elettronici.
Oltre al restyling virtuale della band, decisamente al passo con tutte le nuove tecnologie, la band presenta il suo ritorno con un video del singolo Saturn Barz (Spirit House) disponibile a 360 gradi, grazie al giroscopio di tablet e cellulari, prima volta nella storia dei video musicali. Gli ospiti chiamati in causa sono musicisti black and soul americani e la vera forza del disco sono le numerose collaborazione con artisti come Peven Everett, Anthony Hamilton, Mavin Staples, Benjamin Clementine, Jamie Principle, pezzi da novanta dell’r’n’b come D.R.A.M e Kelela, e una schiera di artisti rap/hip-hop come De La Soul, Popcaan, Vince Staples e Danny Brown, più numerosi altri collaboratori di ogni genere musicale, come Noel Gallagher (Oasis), Carly Simon, i Pusha T, Kali Uchis e Jehnny Beth, cantante della girl-band Savages. Che in questo album Damon prenda la parte dell’ “orchestratore” e si ponga dietro le quinte si capisce dal numero di artisti e di canzoni: ben ventiquattro nella versione deluxe. Ma anche nella malinconica Busted and Blue, in cui canta da solo, si può notare una notevole forma cantautoriale nel dedicare una triste ballata alla tecnologia che ci circonda.
Se l’album precedente era dedicato all’ecologia, in particolare al nostro consumo sfrenato che sta lentamente distruggendo la natura, gli interludi di Humanz suddividono l’album in capitoli diversi dove il tema sembra una risposta emozionale alla politica che caratterizza il mondo odierno, dalla salita di Trump come presidente alla recente Brexit inglese: una grande festa con tutti gli amici, per celebrare la fine del mondo.
Roberto Vezzoli