-Io ti chiesi perché i tuoi occhi
si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo
in un oscuro flutto.
Mi hai guardato a lungo
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi hai detto poi, con gentilezza:
ti voglio bene, perché sei tanto triste.-

(Hermann Hesse – Io ti chiesi)

 

A volte gli sguardi dei passanti sono perplessi e confusi; gli amici non capiscono e tutti si chiedono in che modo quelle persone sanno di amarsi. Perché è evidente che non c’è niente. E’ chiaro che mancano gli elementi tipici del corteggiamento, essenziali nell’amore: i fiori, le dediche romantiche, l’anello al dito, la dichiarazione ufficiale fatta in ginocchio al tramonto. Mancano gli oggetti dell’amore. Come se si trattasse di un fatto pubblico, convenzionale, di cui mettere al corrente prima gli altri di noi stessi. Come se fosse uno spettacolo di teatro, dove c’è un copione, con una sceneggiatura e una trama già stabilite e ognuno deve recitare solo la parte che gli è stata assegnata. Sembra che l’amore non sia più un sentimento, ma sia diventato una farsa. E quando dici loro: “No, non si è inginocchiato e non mi ha paragonata alle stelle nel cielo”, tutti rimangono basiti e attoniti nel loro stupore assurdo e ingiustificato. L’amore è solo degli amanti e chi ama non ha bisogno di nulla.

Chi ama si guarda e vede l’amore, perché esso è per lui la persona amata.

Lo sguardo diventa veicolo di emozioni. In poche righe Hermann Hesse descrive il momento più intimo e segreto che accomuna gli innamorati: lo sguardo. Esso è l’unico strumento necessario per comunicare l’autenticità del sentimento. Non è una formula magica, non è una garanzia: lo sguardo non è meglio dei fiori perché allude a un amore “eterno” (Hermann Hesse stesso ebbe tre mogli!). L’importanza risiede nell’istante presente, l’unico istante di cui si può avere la certezza, l’unico momento veramente importante, perchè il futuro non è mai esistito e il passato è sempre vago. L’emozione si comunica adesso, nel qui ed ora, nel momento in cui si prende una decisione. Gli amanti, quelli veri, non hanno bisogno delle rose e nemmeno della luce delle candele. All’amore non servono cliché. Lo sguardo veicola le anime, incatena gli occhi e gli occhi comunicano alla mente.

La grandezza dell’amore risiede nella sua semplicità. E alla domanda “perché mi vuoi bene?” si risponde “perché sei tanto triste”. Triste e non felice? Sì, in quanto la vera sfida non risiede nella gioia, ma nel dolore. Colui che ama è colui che può stare ad osservare in silenzio e a lungo la felicità della persona amata, senza interferire nemmeno per un istante. E quando sente che l’altro ha bisogno di lui, senza esitare, si mette al suo fianco e condivide la tristezza più grande che un cuore possa contenere. E’ un istinto materno, come un richiamo, a cui l’amore, quello vero, non può sottrarsi.

Anna Sintini