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Dove eravamo rimasti? Il giovane e scalpitante Sergio Morra, compratosi una villa nelle vicinanze di Arcore, tenta di attirare l’attenzione dell’uomo più celebre e chiacchierato del Paese. Il suo scopo è quello di riuscire ad avvicinarsi a Berlusconi, entrare nella sua cerchia di accoliti e farsi definitivamente strada tra “quelli che contano”. Dall’altro lato Silvio, unico e vero protagonista di questa seconda parte e per esteso dell’intera opera, pare essere giunto ad una sorta di capolinea.

Ed è da questo punto che la seconda parte di “Loro” riprende le redini del racconto, concentrandosi principalmente sulla figura di Berlusconi e sul periodo di incertezze che sta attraversando.
Questo, alla fine, pare essere il vero intento del film di Sorrentino: delineare i tratti deboli di un uomo che ha saputo costruire il più grande impero economico e politico del nostro Paese. Come già intuito nella prima parte, il farsesco è lo stile che il regista adopera per descrivere il proprio personaggio principale. Gli atteggiamenti di Berlusconi, così come le sue azioni, sono strettamente finalizzate all’emersione dello stato d’animo di un uomo che vede, forse per la prima volta nella  vita, delle crepe profonde sui muri delle proprie certezze. Un uomo che arriva a compiere gesti ridicoli come il vendere aria fritta via telefono ad un’ignara signora trovata casualmente sull’elenco telefonico, pur di sentirsi ancora l’abile ed infallibile venditore di un tempo. Su questo piano il film funziona come una macchina oliata a dovere: il personaggio di Berlusconi è sì esilarante e macchiettistico, ma allo stesso tempo insicuro e timoroso. In questo caso un ruolo fondamentale è ricoperto dalle straordinarie capacità di Tony Servillo, in grado di colmare la scena attraverso i monologhi che Sorrentino mette a sua disposizione e, come già detto, di risultare sempre credibile nonostante le evidenti forzature mimiche e foniche, ma anche in grado di giocare in sottrazione nelle sequenze più introspettive.

Loro 2 mostra, quindi, il tentativo da parte di Berlusconi di reagire alle avversità ed issarsi dal baratro nel quale si sente sprofondare. Ritornare in campo dal punto di vista politico, “disinfestare” l’ambiente che lo circonda da chi non gli è più utile e tentare di sentirsi, o quantomeno di apparire, nuovamente giovane.
Nell’intento di puntare i riflettori sul proprio illustre protagonista, Loro 2, si dimentica quasi completamente (e così anche lo spettatore) del personaggio che nella prima parte aveva catalizzato su di se le principali attenzioni.

Il Sergio Morra di Riccardo Scamarcio, compare in bervi e rari sprazzi di film e senza mai rivelarsi strettamente necessario. Ottimo il gioco di sguardi a montaggio serrato con cui il regista introduce il tanto atteso incontro tra Sergio e Silvio. Incontro che finirà, poi, per rivelarsi molto meno proficuo, in termini narrativi, di quanto si potesse credere e di quanto sarebbe stato lecito sperare. Il personaggio interpretato da Scamarcio finisce per essere semplicemente uno dei tanti elementi secondari attraverso i quali Sorrentino tenta di definire lo stato d’animo dell’ex presidente del consiglio. Ciò, ovviamente, non fa altro che aumentare la frustrazione riguardo alla scelta di distribuire il film in due parti. Scelta che potremmo definire alquanto discutibile dal punto di vista economico e totalmente ingiustificata sul piano artistico. E ciò infastidisce particolarmente alla luce del fatto che “Loro” sia un’opera dalla fattura pregevole e dall’intento chiaro e centrato. Un film in cui Sorrentino rimarca la propria inclinazione al racconto di personaggi potenti e soprattutto di quella noia che tristemente pervade il successo.

Un tipo di cinema sofisticato che cerca nella forma, ormai fortemente riconoscibile, l’esaltazione dei propri contenuti. Scelta che all’interno del cinema italiano contemporaneo appare tutt’altro che scontata.

Andrea Pedrazzi 

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