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Willem Dafoe è Vincent van Gogh nel nuovo film di Julian Schnabel, At Eternity’s Gate, in concorso ufficiale a Venezia 75. Van Gogh è una delle figure più emblematiche del Novecento e forse il pittore più iconico e conosciuto di sempre, su cui sono stati versati fiumi di inchiostro e la cui vita è stata raccontata praticamente attraverso tutte le arti, dalla musica (si pensi alla canzone Starry, Starry Night di Don McLean) ad appunto il cinema (l’ultimo è Loving Vincent del 2017, di Dorota Kobiela e Hugh Welchman).

La storia di Van Gogh è notissima – tutti a scuola abbiamo imparato del suo genio e soprattutto della sua malattia mentale, malattia che lo ha portato a compiere gesti estremi come quello di tagliarsi un orecchio per donarlo al suo amico e pittore Paul Gauguin. Come fare quindi a raccontarla in modo inedito? Julian Schnabel, pittore lui stesso, ha dichiarato che l’unico modo per parlare di Van Gogh – e rendere almeno in minima parte ciò che ha passato – è dedicargli un’opera d’arte: questo sarebbe l’intento del film. Difatti, la narrazione di At Eternity’s Gate è quasi nulla, se non per il dispiegamento di alcuni degli eventi più importanti che hanno portato il pittore negli annales della storia umana. Schnabel si concentra invece sui sentimenti provati da Van Gogh, su come rendere la sua soggettività e quell’emotività che gli permetteva di vedere ciò che di più divino risiede nella natura. Ecco quindi che il film si ferma tantissimo sui momenti in cui il pittore è solo ad osservare il paesaggio, sui momenti in cui prepara i suoi appostamenti en plein air, in cui appoggia il pennello e comincia ad agitarlo freneticamente sulla tela. La pittura è un’urgenza, è l’unica cosa che conta e questo nemmeno il suo caro amico Gauguin (interpretato da Oscar Isaacs) può capirlo. Van Gogh è solo per la maggior parte del film, solo e in silenzio, ripreso con una macchina a mano tremolante e il cui sguardo viene talvolta reso con delle soggettive dalla messa a fuoco alterata.

La particolarità di At Eternity’s Gate è quella di concentrarsi quasi unicamente sull’atto creativo, mentre degli eventi della sua vita ci viene spiegato pochissimo. La cosa che risulta meno convincente è il fatto che il Van Gogh di Schnabel non ci sembri quasi per niente il matto di cui tutti parlano, bensì un semplice sognatore – un’interpretazione personale che risulta sicuramente nuova ma non filologica, come non filologica è la rappresentazione della sua morte (su cui ci sono due teorie e di cui il regista abbraccia la meno accreditata).

In ultima battuta, Willem Dafoe si ritrova ancora con un personaggio estremamente controverso (dopo avere interpretato Gesù per Scorsese e Pier Paolo Pasolini per Abel Ferrara), e forse a salvare il film è solo lui, il cui viso rugoso e scavato forse poteva essere l’unico veramente adatto a interpretarlo.

Bianca Ferrari

At Eternity’s Gate sarà nelle sale italiane a partire dal 3 gennaio 2019.

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