Vox Lux, il nuovo film dello statunitense Brady Corbet, era particolarmente atteso qui al Lido, dopo il successo riscosso dal regista con il suo esordio The Childhood of a Leader, vincitore del premio orizzonti per la miglior regia proprio a Venezia nel 2015. La risposta di Corbet è destinata a far discutere, anche se il giudizio a caldo è inequivocabile: l’unico vero difetto di questa nuova pellicola (in senso letterale, dato che è girato in 35 mm) è quello di terminare troppo presto.
Vox Lux è segnato da un inizio folgorante, in grado di imporsi prepotentemente all’attenzione fin dai primissimi minuti, nei quali viene mostrato il dramma subito dalla protagonista Celeste, ancora quattordicenne (Raffey Cassidy). Evento che, paradossalmente, anziché provocarle un crollo emotivo, sarà sfruttato come trampolino di lancio per la conquista del suo successo. Dopo aver lasciato Celeste in costante ascesa nel mondo della musica pop dei primi anni 2000, il film esegue una netta ellissi temporale per riproporcela nel 2017, ormai trentenne ed interpretata da una scintillante Natalie Portman. Qualcosa è cambiato nella sua vita: Celeste non è più la giovane innocente e determinata che avevamo visto sulla cresta dell’onda. Ora deve fare i conti con i problemi che la fama comporta, principalmente la preservazione della sua immagine pubblica e la difficile gestione dei suoi rapporti personali. La grande pop-star vede il proprio regno vacillare e trova nel suo sesto album e nel conseguente tour di concerti l’occasione per attuare la sua “restaurazione”.
Dopo aver raccontato questi fatti, il film termina improvvisamente, dando un’idea complessiva e chiara delle intenzioni della protagonista, ma senza mostrarne l’attuazione e gli esiti. Il che è un vero peccato, perché fino a quel momento Vox Lux è un film eccezionale. Corbet ci porta dietro i riflettori per mostrarci la vita di una ragazza non particolarmente dotata, ma che grazie alla propria capacità di sfruttare le occasioni offertele dalla vita (anche quelle scaturite dagli eventi più tragici) ha saputo costruirsi un percorso che altre persone, anche più talentuose, non potrebbero mai conoscere.
Un discorso sulla fama e sul suo lato oscuro inscenato attraverso il rapporto tra successo e morte che ha segnato le tappe più importanti (per quello che ci viene mostrato) della vita di Celeste. Il tutto portato sullo schermo con una maestria registica stupefacente per un cineasta appena trentenne e che riesce ad enfatizzare ogni dettaglio, creando scene pulsanti che permettono di conoscere sempre più a fondo l’anima della protagonista.
Vox Lux viaggia altissimo per tutta la propria durata, fino ad arrestarsi prima di aver portato a termine la propria riflessione in modo soddisfacente.
Questo resta il più grande rammarico nei confronti di quello che, in ogni caso, resta un ottimo film, ma che a tratti lascia presagire di aver avuto il potenziale per il raggiungimento della perfezione.
Andrea Pedrazzi
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