Florian Henckel von Donnersmarck torna nelle sale ad otto anni di distanza dalla delusione riscontrata con The Tourist, e lo fa riprendendo il filone del dramma storico, che con l’ottimo Le vite degli altri lo aveva portato alla conquista dell’Oscar per il miglior film straniero. Opera senza autore (Werk ohne Autor) ci parla di Kurt (Tom Schilling), un giovane pittore che nella Germania del dopoguerra cerca di trovare la propria via nel mondo dell’arte. La costruzione del racconto avviene attraverso l’utilizzo della forma classica del melodramma. Kurt, infatti, incontrerà una ragazza, la Ellie interpretata da Paula Beer, della quale si innamorerà profondamente. I due, tuttavia, troveranno una certa resistenza da parte della famiglia di lei, specialmente da parte del padre, il Professor Seeband, interpretato da Sebastian Koch, il quale è anche complice di una tragedia che ha segnato l’infanzia di Kurt durante il regime nazista.
Opera senza autore è un film di una correttezza che oltrepassa il limite del pedante, un film che per tutta la sua estenuante durata (188 minuti) non ha mai il coraggio di osare più del dovuto e di cercare strade poco battute per dare forma agli eventi che si susseguono.
Ad una scrittura poco brillante e segnata da sprazzi di umorismo non sempre voluto e mai realmente incisivo, si affianca una regia scolastica, essenziale ed incapace di trovare l’efficacia necessaria a supportare gli avvenimenti portati in scena. Il regista tedesco fatica a trovare una vera identità che contraddistingua il suo nuovo film, che volendo dare un colpo al cerchio del contesto storico ed uno alla botte della vicenda personale dei personaggi, finisce per dare vita ad un discorso che non può soddisfare su nessuno dei due fronti. Basti pensare che, nonostante la lunghezza spropositata, il film al suo termine dà comunque l’impressione di essere irrisolto, portando ad una facile conclusione la linea narrativa che segna il percorso artistico di Kurt, ma dimenticandosi di tutte le altre trame e soprattutto del nodo principale riguardante il rapporto tra protagonista ed antagonista, che non viene mai affrontato.
Per questi mortivi Opera senza autore, pur partendo da un soggetto potenzialmente stimolante e sviluppandolo senza roboanti cadute di stile, si rivela essere un’opera insipida, che stride all’interno di un concorso festivaliero come quello di Venezia e che, anche fuori dal Lido, faticherà a conquistare i cuori degli spettatori.
Andrea Pedrazzi
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