–Ad ogni modo, sono quasi contento che abbiano inventato la bomba atomica. Se c’è un’altra guerra, vado a sedermici sopra, accidenti. E ci vado volontario, lo giuro su Dio–
–Eccezionale. Se c’è una parola che odio è eccezionale. È talmente fasulla.-
Non è facile rapportarsi alla realtà sconclusionata, ma perfettamente logica, di un adolescente. Non perché non la si capisca, ma perché irrita. Si sente quella sottile e acuta rabbia, urticante, febbrile, sottopelle, che non si riesce a eliminare e ci spingerebbe ad afferrare il ragazzino di turno e a scuoterlo, gridando: “ma perché non capisci?”. Per fortuna il buon senso, l’esperienza adulta e tanto altro ci conducono verso altre soluzioni. Nel caso de “Il giovane Holden”, il lettore, adulto o ragazzo che sia, non può fare altro che mettersi a sedere e ascoltare col pensiero questo giovane, un po’ impulsivo e un po’ ribelle, ma tanto impaurito, che vaga per le strade di New York, osservando il mondo adulto e non solo, e traendo le debite conclusioni. E’ una realtà a volte insipida, a volte spaventosa quella che Holden Caulfield vive e affronta, sempre a testa alta, sempre immergendosi in apnea in quell’accozzaglia di estranei. Holden fa progetti da adulto perché si sente adulto e contemporaneamente odia gli adulti. Sogna di diventare “the catcher in the rye”, che significa letteralmente “l’acchiappatore nella segale”, titolo originale del libro, impossibile da tradurre e quindi sostituito col nome del protagonista, colui che afferra i bambini prima che questi si lancino giù mentre corrono nella segale. Sono molte le interpretazioni. Alcuni sostengono che Holden voglia salvare i bambini dal mondo adulto, trattenendoli nell’infanzia, cioè il campo di segale. Non si può negare l’affetto che Holden dimostra sempre a qualsiasi ragazzo più giovane che incontra. Prima fra tutti la sorellina Phoebe, che lo adora e che viene amata a sua volta dal fratello. Sembra quasi che Holden cerchi di proteggere veramente l’infanzia, attraverso tutti quei piccoli gesti che sono gli unici in suo potere. Un esempio è il prodigarsi a cancellare le volgarità scritte sui muri della scuola elementare della sorellina, desistendo quando, nonostante i suoi sforzi, ne trova ancora.
Holden è diventato un simbolo di una generazione, quella dei giovani degli anni ’50, che rappresentava la realtà contemporanea a Salinger, una realtà di ragazzi privi di ambizione, disillusi e disincantati verso l’avvenire. Più volte Holden critica il mondo adulto, attribuendogli falsità, superficialità, ristrettezza di vedute. Sicuramente, però, durante la lettura, in diverse occasioni ci si troverà a pensare: “questo è davvero troppo!”. Sì, è vero. E’ troppo limitato il pensiero del giovane. Perché l’adultità non si limita a questo. Non si può negare la veridicità dei pensieri di Holden. Tuttavia, il lettore capisce bene che si tratta solo delle riflessioni di un ragazzo frustrato e abbandonato, che comincia a comprendere la doppiezza dei “grandi, ma che non è in grado di reagire e andare oltre. E questo è ciò che forse, leggendo, farà più arrabbiare alcuni e infastidirà altri. Perché leggere significa ascoltare senza poter replicare, e coloro che ci sono già passati lo sanno bene, rimettere in riga un adolescente è un’attività molto usata, e a volte abusata, nel mondo adulto.
Anna Sintini