-I rasoi fanno male,

i fiumi sono freddi,

l’acido macchia,

le droghe danno i crampi,

le pistole sono illegali,

i cappi cedono,

il gas è nauseabondo …

Tanto vale vivere-

                   

Dorothy Parker – Tanto vale vivere

Niente è lasciato all’immaginazione, non c’è nulla di oscuro, a cominciare dal titolo: “Tanto vale vivere”.

E’ un tema delicato, dolce e malinconico, talmente persistente da risultare quasi ossessivo.
E’ ciò da cui si scappa o a cui ci si aggrappa. Stiamo parlando della morte? Della vita? Forse di entrambe.
La Parker non accenna alla morte, ne elenca solo le forme, le dimensioni. Ci fornisce le coordinate per raggiungerla. Ma il percorso è difficile e la strada tortuosa. La conclusione è immediata: “tanto vale vivere”. Non è né un inno alla vita e nemmeno un’ode alla morte. E’ una prigione descritta con sarcasmo tagliente, ma efficace. E’ il limbo dei diseredati, dei cadaveri deambulanti, di coloro che sono talmente attaccati alla vita, da esserne ormai disgustati.
Perché chi ama la vita, a volte, la ama così tanto da volerla conoscere in tutte le sue forme. La ama di un sentimento talmente smisurato da non volerla abbandonare nemmeno quando è lei che abbandona te. E quando si arriva a questo punto la strada si divide in un bivio e si deve compiere una scelta non facile: proseguire o deviare? Per Dorothy Parker prevale la disillusione: “tanto vale vivere”. Non è un complimento alla vita, non è una scelta felice. Come non sarebbe stata una scelta felice la morte. E’ una scelta necessaria, dettata da ragioni concrete, imprescindibili, umane. Perché soffrire anche nella morte? Perché incrementare il dolore? Tanto vale vivere. Si tratta di una composizione autobiografica? Indubbiamente.
Dorothy Parker si destreggiò incredibilmente bene tra alcol, amori andati in frantumi, aborti e suicidi. Sono tematiche ricorrenti nei suoi scritti, sempre trattati con ironia e con sarcasmo feroce. Non ci sono lacrime, non ci sono eroismi.

Fernanda Pivano la includerà tra i famosi “mostri degli anni ‘20”: per quella generazione, gli eroi erano tutti morti. La Parker non è una protagonista romantica che, afflitta dalla vita, contempla il suicidio. Non è nemmeno ottimista, positiva, fiduciosa che le cose andranno meglio e quindi “tanto vale vivere”.

No, Dorothy Parker è disillusa, come molte delle protagoniste dei suoi testi. La vita non vale più della morte, solo, forse fa meno male, se per male si intende il dolore fisico. E anche se si sceglie di vivere lo si fa senza convinzione, perché tutte le altre strade sono sbarrate o impraticabili.

Con un sorriso amaro e una risata fredda, con il ghiaccio negli occhi e la morte nel cuore, ci si guarda allo specchio e dopo una veloce alzata di spalle si mormora: “tanto vale vivere”.   

Anna Sintini

 

Pubblicità