Rovigo, 29 settembre 2018 – 27 gennaio 2019
Da perpetui innamorati del Simbolismo in arte e letteratura quali io e Giulia Spinello siamo, non potevamo perderci una mostra dal titolo simile: vago, ma allettante.
Una mostra che non poteva non seguire il filone ormai “classico” dell’esposizione museale targata Palazzo Roverella di Rovigo: Decadentismo, Simbolismo, Eclettismo, Avanguardismo ottocentesco, Secessionismo: tutta la luminescente ed oscura costellazione dei gusti e delle tendenze artistiche europee dalla Belle Époque al primissimo Novecento. Costellazione che, per inciso, amo e ammiro nelle sue più peculiari declinazioni.
Tuttavia, proprio in virtù di ciò, mi assale puntualmente un pericoloso sospetto: Si rivedranno ancora una volta opere già più volte viste in precedenza? Spesso, una pecca delle mostre che si rincorrono su temi tra loro vicini è quella della riproposizione di opere già visionate in contesti espositivi diversi, o, peggio ancora, in allestimenti temporanei già svoltisi entro la medesima sede museale. Alcuni esempi da Franz von Stuck, padre della Secessione di Monaco: il Lucifero di Sofia, in Bulgaria (1891), protagonista maldestramente illuminato nella mostra rodigina Il Demone della Modernità (2015), e, successivamente, comprimario di second’ordine nella straordinaria mostra milanese Il Simbolismo (2016); seguito dall’onnipresente Peccato, visto in tutte le sue varianti d’inizio Novecento, nome-omen dei cataloghi di ogni mostra riguardante i simbolisti. Non parliamo poi dell’altrettanto imprescindibile Alberto Martini, la cui Diavolessa (1906), opera che passa inosservata se non fosse per la sua meravigliosa cornice ad encausto, presente ad entrambe le mostre e addirittura in quella che vedremo in dettaglio ora, ossia Arte e Magia.
Le “opere ridondanti” del Roverella sono un difetto che offusca il reale valore scientifico di una ricerca storico-artistica: innervare interi allestimenti museali con opere già viste ripetutamente, in contesti e temi diversi, tende a far scadere le mostre, tristemente ed idealmente, nel totale anonimato. Di tale impressione non si deve incolpare l’uomo “non addetto ai lavori”: riproporre opere identiche non può che instillare tale pensiero, inevitabilmente.
Arte e Magia. Il fascino dell’esoterismo in Europa, mostra curata da Francesco Parisi (già curatore per il precedente allestimento Secessioni europee. Monaco, Vienna, Praga, Roma del 2017/2018) è una esposizione che, seguendo il ragionamento di cui sopra, analizza una caratteristica chiave di fine Ottocento e inizio Novecento: la seduzione profonda esercitata dal concetto di Magia (uno spiritualismo figlio degli esotismi ottocenteschi, fonte ispiratrice di libertà entro l’angusto positivismo borghese del tempo), in particolare la riflessione sull’opera artistica dei principali maestri dell’epoca. Di primo piano è il valore di controcultura che tali seduzioni occulte infusero a una considerevole parte del mondo intellettuale europeo del tempo, oppresso dalle più recenti teorie meccanicistiche, che annullavano qualunque tendenza al trascendente ed all’irrazionale. Ultimo erede delle grandi proteste idealistiche del Romanticismo, il Simbolismo (artistico, musicale, letterario) non poteva che prosperare in una temperie culturale simile, così profondamente affascinata dall’ignoto, dall’antico, dall’esotico, dall’esoterico.
Dunque Magia, un concetto mutevole, che in quest’epoca si definisce entro il rinnovato repertorio immaginifico decadente, viaggiante di pari passo con le scoperte freudiane riguardo la psiche umana e i sogni. Sarà proprio da queste precise basi culturali che muoveranno i primi passi le Secessioni (prima) e le Avanguardie Storiche (poi), trasformando costantemente questo sostrato, fino a traghettarlo in astrazione ed in nuove iconografie. Non possiamo infatti immaginarci uno dei grandi nomi presenti alla mostra, Vasilij Kandinskij, già secessionista e padre dell’Astrattismo, privato della profonda spiritualità che affiancava il fare artistico del periodo, punto di partenza per il suo Lo Spirituale nell’arte.
Quello che Arte e Magia presenta è un percorso che inizia (con)turbando lo spettatore con le varie iconografie legate al mondo della stregoneria e della demonologia, le raffigurazioni di streghe, maghi, mostri e animali notturni (un immaginario codificato letterariamente già sul finire del Quattrocento entro il Malleus Maleficarum degli inquisitori Sprenger e Kramer), visti attraverso gli occhi di nomi più o meno grandi quali Georges de Feure, Alfred Kubin, James Ensor , Alberto Martini (qui in mostra con l’intera serie delle litografie dei visionari Misteri del 1914-1915, uno dei suoi apici artistici: due litografie di differente edizione furono esposte anche alla mostra L’Ossessione Nordica) e Félicien Rops (qualcosa su di lui ho già avuto modo di dire con Cabiriams; qui in mostra con l’eliografia Il Sacrificio e l’acquerello su carta Il Rapimento, versioni differenti facenti parte della serie de Le Sataniche; in mostra vediamo anche alcuni frontespizi incisi): d’altronde Martini e Rops sono da sempre presenze fisse e ben documentate entro le mostre rodigine.
Interessante è poi la sezione della mostra che ci illustra la concezione della natura come tempio in senso baudelairiano, un luogo di connessioni nascoste e di pericoli inattesi: spiccano i paesaggi oscuri e orientaleggianti del giovane praghese Frantisek Kupka, ben lontani dalle successive opere che faranno di lui un pioniere dell’Astrattismo europeo; un paesaggio sognante del lituano Konstantinas Ciurlionis, tra i primi artisti a coniugare arte visiva e composizione musicale (al Roverella va il pieno merito di aver portato alla ribalta questo meraviglioso ma misconosciuto artista nella passata mostra Il Demone della Modernità); ben due pregevoli oli su tela di Odilon Redon (La preghiera, volto, fiori, 1893; L’Albero Rosso, 1905/10) ed un bellissimo olio su tela del padre dei Nabis, Paul Sérusier (L’Incantesimo, 1891).
L’apice di ricerca e interesse della mostra verte però al piano inferiore (dal quale si accede alla restaurata pinacoteca e al bookshop): ossia il legame tra questo mondo di occultismi e spiriti e la scienza più moderna: è l’alba delle Avanguardie Storiche. Merito principale di Arte e magia è proprio quello di svelare le sottili connessioni che legano Astrattismo e Futurismo a questa singolarissima crasi di esoterismo e scienza, la voglia di indagare i fenomeni extrasensibili, le aure, i raggi e le emanazioni psichiche. Spicca in assoluto l’olio su tela con fila d’alberi del giovane Piet Mondrian (Fila di undici pioppi in rosso, giallo, blu e verde, 1908; al tempo firmatosi con il suo vero cognome olandese, Mondriaan), al quale seguono una xilografia colorata di Franz Marc, un acquerello ed un olio di Vasilij Kandinskij, cioè i due padri del Cavaliere Azzurro monacense. Il legame tematico che conduce al Futurismo si esplica invece da tre opere di Giacomo Balla (già firmate FuturBalla; tra di esse spicca il meraviglioso olio su tavola Pessimismo e ottimismo n.4) ed un evocativo olio di Luigi Russolo, oltre che alcune “fotografie spiritiche” di Anton Giulio Bragaglia. Chiude questa splendida sezione la presenza di due opere di un altro capostipite dell’Astrattismo, Paul Klee.
Continua idealmente il percorso della mostra uno sguardo su due dei principali movimenti artistici ed esoterici dell’Europa fin de siécle: il Salon parigino della Rose+Croix, legato alla figura di Josephin Péladan, critico d’arte e letterato simbolista, fautore di un’arte cattolica, idealista ed occultista: un esoterismo cristiano che troverà molte declinazioni entro questi Salon da lui curati. Importante la sua influenza sull’arte italiana: non a caso, al primo allestimento del 1892 partecipò anche Gaetano Previati con la Maternità qui esposta. Figurano qui alcuni disegni minori di grandi nomi che presero parte ai Salon del Péladan: Jean Delville, Jan Toroop e Ferdinand Hodler. Il secondo caso prende in esame il grande fascino che la spiritualità dell’Oriente esercitò sul mondo occidentale, stimolando molti artisti alla creazione di un’atmosfera in cui potessero trovare spazio lo sfavillio dei colori e la repressa sensualità della cultura del tempo. Una moda culturale e teosofica, ispirata dall’orientalismo di Schopenhauer: il gruppo del Monte Verità di Ascona, una comunità di intellettuali naturisti, vegani e mossi dall’utopia della ricostituzione di una umanità autentica connessa veramente alla natura. In ciò essi furono certamente ispirati dall’altrettanto utopistico Carl Wilhelm Diefenbach, artista vissuto per un periodo entro una grotta fuori Monaco, presente con un’opera alla mostra. Figurano due artisti capisaldo del Monte Verità come gli espressionisti Alexej Jawlensky e Marianne von Werefkin, ed il grande utopista ed illustratore art nouveau della Lebensreform tedesca, Fidus.
In conclusione, vediamo una mostra il cui filo conduttore risulta molto variegato ed estremamente sfaccettato, di difficile compressione entro poche opere rappresentative. Nonostante alcune sale che sembrano poco contribuire al ragionamento fatto sopra (come quella dedicata allo Spiritismo) o non paiono avere lo stesso livello di contenuti di altre, è da segnalare il grande livello di analisi che in alcuni punti la mostra raggiunge. In tal senso voglio sottolineare come il vertice venga toccato nell’analisi dei legami fra occultismo, Astrattismo e Futurismo, legami che, senza una prove visibili artistiche, rimarrebbero solo frutto di una ipotesi.
SINTESI
Dunque non una mostra epocale, ma di certo accattivante (gli amanti del mistero e delle tenebre in pittura troveranno a prescindere pane per i loro denti), spesso altalenante nei contenuti o nella chiarezza espositiva: non mancano, però, punti ed opere di assoluto pregio. Non si poteva fotografare alcuna opera, anche senza flash, e nel catalogo (peraltro molto buono, con schede delle opere) ben poche opere presentano riprodotta la loro cornice, elemento chiave nell’arte di questo periodo storico.
Francesco Bergo