Amore Profano è uno tra i tanti capolavori del pittore contemporaneo Roberto Ferri. Il quadro mostra il tema dell’amor profano (e in maniera velata quello sacro), in cui una giovane donna siede sui resti di un’antica rovina, e il suo corpo sinuoso e sensuale si adagia, quasi a ricordare una moderna Venere di Urbino, su quelli che probabilmente erano i suoi morbidi e pregiati abiti (che ricordano di certo quelli dell’amor profano di Tiziano). La chioma corvina che le scivola sulla spalla sinistra ci lascia intravedere il volto, senza tuttavia rivelarlo.

Amore profano. Ciò che chiamiamo amore non è solo lussuria (foto copertina-amor profano)

Amore profano è un dipinto olio su tela 100×70 cm del 2016. Tra le più belle opere realizzate finora da Ferri, si differenzia dai soliti temi dell’artista per la tranquillità della scena, la cui dissacrazione viene solo accennata da piccoli particolari.
È una scena colma di sensualità, ma che non sconfina nell’osceno, anzi. La donna viene qui elevata ad un ideale di bellezza classico, e la scena diventa quasi sacrale. Un indizio ci viene dato anche dalla croce del rosario di perle che pende dalle spalle della giovane, che finisce per trapassarla dolcemente, quasi a voler indicare come la santità attraversa ogni cosa, non mutandola, ma al contrario diventando parte di essa. Questa visceralità, per quanto qui poco accentuata, è una delle caratteristiche principali che fanno di Ferri un artista fuori dal comune. La possiamo trovare in modo più evidente in quella che è la controparte dell’opera, ovvero l’Amore sacro. Questo dipinto si presenta come gemello dell’opera profana (sia per dimensione che per tecnica, oltre che ovviamente per la tematica), ma ad una prima occhiata possiamo notare che di sacro ha ben poco, in quanto la donna raffigurata è in procinto di squarciare con mani simili ad artigli il tuo ventre, mentre il suo corpo viene trafitto da un rosario nero come l’aura che avvolge l’intera scena, mostrando come a volte la sacralità non rende migliori, ma corrompe l’essenza umana.

Amore profano. Ciò che chiamiamo amore non è solo lussuria (foto 2- amor sacro).jpg

Roberto Ferri nasce a Taranto nel 1978, dove nel 1996 si diploma al Liceo artistico “Lisippo”. Inizia a studiare pittura da autodidatta e, trasferitosi a Roma nel 1999, approfondisce la ricerca sulla pittura antica dal Cinquecento all’Ottocento, in particolare dedicandosi alla pittura stilistica caravaggesca e a quella accademica (rifacendosi a David, Ingres, Girodet, Géricault, Gleyre, Bouguereau).

Ferri è un pittore contemporaneo del tutto particolare, il cui lavoro lascia stupiti, quasi ammaliati, per l’abilità con la quale egli padroneggia la tecnica con cui dà vita alle sue opere, vere e proprie icone della fisicità, della bellezza, del tormento, con a volte un estremismo tale che va ben oltre le avanguardie, ma al tempo stesso si nutre anche della memoria del passato.

Sono quadri antichi ma che incarnano tutta l’essenza della modernità, sono quadri che non sono più limitati dal tempo o dalla morale, in cui l’artista può dare libero sfogo alla sua immaginazione, creando una perfetta unione tra idee innovative e tecnica accademica. Ciò che viene da pensare davanti ad uno qualsiasi dei suoi quadri è l’incredibile somiglianza con la tecnica di Caravaggio, e questo emerge soprattutto dall’uso del forte contrasto tra luce e ombra, oltre che dalla saturazione del colore. Ma il genio artistico e compositivo di Caravaggio è anche dato dalla sua vicenda personale, che lo trasformò in un pittore maledetto in una costante ricerca di redenzione. Ferri, dal canto suo, prende da Caravaggio (e non solo) la tecnica e la drammaticità tipica dei quadri, ma le ragioni che nascono dietro l’opera sono differenti: c’è qui la voglia di osare e di andare oltre la natura delle cose, mostrando un mondo oscuro che nasce dietro la bellezza.

Possiamo quindi dire che qui la memoria passata trova un’unione perfetta con il surrealismo, il quale ospita nella sua inquietudine forme astratte colme di sapienza e passione, ma che al tempo stesso cova un conflitto di luci e ombre, tra la grazia e il sadomasochismo che rendono l’opera contorta, quasi come il canto di una sirena che, nonostante tutto, condurrà alla dannazione. Il surrealismo di Ferri è carnale, composto dagli aspetti più virtuosi della natura umana, ma intriso di un’atroce bestialità nascosta, che rimane tuttavia dominata dall’armonia dell’opera e che non sovrasta mai il tutto, venendoci solo rivelata.

Amore profano è di per sé una continua citazione ai grandi del passato, che ricorda come la grande arte, quella eterna, non vive nel passato, ma può manifestarsi nuovamente attraverso la sua conoscenza e rielaborazione.
L’opera non è da ritenersi un capolavoro perché ricolmo del passato, ma è tale proprio perché tramite il passato giunge ad una rielaborazione di esso in chiave moderna, scatenando dentro di noi le più svariate emozioni.

Tommaso Amato

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