Era dai tempi del gran finale di Lost che non si scatenava una guerra di pensieri e idee contrastanti simile: telespettatori pronti a firmare persino delle petizioni per poter cambiare il finale o addirittura l’intera ultima stagione del Trono di Spade.
Nonostante tutto, la serie detiene nove record del mondo portando a casa 47 premi Emmy su 128 nomination totali.
Dopo due anni di attesa è andato in onda il 15 aprile 2019 il primo degli 6 episodi dell’ultima stagione del Trono di Spade, meglio conosciuto a livello mondiale Game of Thrones. La serie per otto stagioni ci ha immersi in un mondo immaginario costituito principalmente dal continente Occidentale (Westeros) e da quello Orientale (Essos). La trama si concentra sulla lotta e la conquista del Trono che fisicamente si trova ad Approdo del Re, città capitale del continente Occidentale. Nobili e potenti famiglie si scontrano e si alleano in un contorto gioco di potere, facendo emergere forze oscure e creature leggendarie dimenticate, come i tre draghi figli di Daenerys Targaryen, ultima della sua discendenza (o almeno così vogliono farci credere).
Non leggete oltre se non avete visto l’ultima stagione e volete evitare spoiler!
La stagione si apre a Grande Inverno, nella quale i nostri personaggi si preparano allo scontro finale con i non-morti. Così, quindi, si alternano i primi due episodi: Daenerys che esplora il nord e che cerca di farsi riconoscere come la Regina da tutti, i quali, ammaliati dal suo potere, cominciano così a venerarla, primo fra tutti John Snow. Le uniche in grado di pensare lucidamente e di accorgersi che c’è della malvagità in tutto ciò sono Sansa e Arya Stark, soprattutto quando scoprono che Jon non è mai stato effettivamente un bastardo e che non era nemmeno uno Stark adottato, ma ahimè Aegon Targaryen, colui a cui spetta per discendenza il Trono di Spade, il vero erede dei Sette Regni. Non più Daenerys dunque, non più la Madre dei Draghi, non più la donna che credevamo invincibile.
Ad Approdo del Re, invece, Cersei Lannister prepara il suo esercito e lo arricchisce grazie alla flotta di Euron Greyjoy.
Pare convincente, magari anche troppo, ma per chi guarda da casa e aspetta da due anni questo gran finale non è mai abbastanza. É così che dal terzo episodio comincia a scatenarsi una faida, una discordia di interessi e obiettivi. Per questo l’ultima stagione del Trono di Spade è stata indubbiamente meno incisiva rispetto alle precedenti. In un solo episodio, si realizza la grande battaglia, bramata da sette stagioni, in cui il Re della Notte viene definitivamente sconfitto con un pugnale di acciaio di Valyria da Arya Stark, regina indiscussa dell’intera serie, a parere di chi scrive. “Troppo facile” si legge, aspre critiche per un lavoro che in realtà è ciò che in cuor nostro tutti desideravamo e invece no, cosa ci si aspettava? Una strage totale? Westeros completamente distrutta dall’esercito degli Estranei?
Ma, finito ciò, la domanda principale del “chi salirà sul Trono di Spade?” è ancora un enigma. Jon, il vero erede? O Daenerys? L’unica Regina riconosciuta dalla popolazione civile di tutta Westeros, ad eccezione di Cersei, che sicuramente di arrendersi non ne vuole sapere. Questo scatena il vero dramma: Daenerys attacca Approdo del Re e conquista finalmente il Trono di Spade provocando la morte di bambini innocenti e inaspettatamente anche quella di Cersei e del suo amato Jaime. Crollano così due dei più amati personaggi dell’intera serie. Cersei sempre cruda, dura e pronta a distruggere chiunque per difendere la sua famiglia, unico elemento ad accendere il suo lato umano. E Jamie che, dopo un percorso di redenzione e di riscoperta del proprio onore combattendo al fianco degli Stark, torna dall’unico vero legame importante della sua vita. É così che i due ci dicono addio, immersi nelle macerie in un abbraccio che segna l’inizio e la fine di tutto.
Jon si rende conto della malvagità e della tirannia che aveva “improvvisamente” rapito Daenerys e provoca così a sangue freddo la sua morte e Drogon, afflitto, distrugge il Trono di Spade, chiudendo così una storia di atrocità, come per dire “se non può averlo mia madre, non può averlo nessuno”. Toccante, ma non troppo per chi aveva visto nei suoi occhi cattiveria sia dagli inizi, cattiveria non troppo lontana dal Re Folle.
Giunge così al culmine. Nessun’altra morte. Dopotutto sarebbe stato troppo scontato continuare a sterminare le casate solo per stupire gli spettatori.
Indubbiamente l’assenza di una base solida, come lo sono stati i romanzi di Martin per le precedenti stagioni, ha messo in crisi gli showrunner che si sono ritrovati a gestire un cast enorme, in pochi episodi, e a dare la giusta importanza ad ogni singolo personaggio, perché alla fine dei conti è questo il Trono di Spade, i personaggi, l’enorme studio che c’è dietro ogni singolo attore e la psicologia intrisa che ti rapisce sin dalla prima scena.
Sansa diventa così regina del Nord e il governo dei restanti sei regni viene affidato a Brandon Stark, unico in grado di governare senza il rischio di agire per interessi personali. Jon, liberato dalla prigionia, viene spedito a Castello Nero per ritornare oltre la Barriera con Spettro e i Bruti. Arya, da vera combattente, salpa verso ovest, territorio inesplorato. E il ruolo di Primo Cavaliere viene affidato all’unico vero personaggio che ha trascinato letteralmente la scena ogni volta comparso sullo schermo, lo straordinario Tyrion Lannister.
É stato bello vedere come questi personaggi siano cresciuti, cambiati e come essi abbiano interagito tra di loro.
É la fine di un’era e, nonostante le inaspettate delusioni e le aspre critiche, l’ultimo episodio ha raggiunto la bellezza di tredici milioni di telespettatori, non male come risultato per una stagione che apparentemente ha deluso tutti, o quasi.
Marica Di Giovanni