
Serialità, cultura popolare e iperrealismo: sono questi gli ingredienti principali della Pop Art (arte popolare), movimento artistico sviluppatosi a partire dagli anni ’50, nato negli Stati Uniti e diffusosi rapidamente in tutto il mondo occidentale.
La Pop Art trae spunto dalla vita quotidiana, dall’immaginario collettivo e dalla società, fornendo allo spettatore una rappresentazione talmente reale da poter essere quasi confusa con la realtà stessa. È il caso della famosissima opera di Andy Warhol Campbell’s Soup Cans, che si presenta agli occhi dell’osservatore come una serie di oggetti tangibili, pronti per essere assaggiati.
Ma Warhol ha usato l’immagine della famosa Campbell’s Soup per il puro gusto della rappresentazione artistica oppure dietro l’arte si nasconde un intento pubblicitario? Potrebbe, infatti, trattarsi di uno dei primi tentativi di product placement: si parla, in particolare, di screen placement, dal momento che la presunta pubblicità viene svolta attraverso l’utilizzo di un’immagine. È probabile, quindi, che l’opera sia stata commissionata all’artista con intento meramente pubblicitario e, tenendo conto del fatto che ciò non viene esplicitato, si tratterebbe di pubblicità occulta.
Il marchio, nel caso dell’opera di Warhol, è perfettamente visibile all’occhio dello spettatore, che potrebbe interrogarsi sul fine dell’opera, se vi sia realmente un fine che travalichi il limite dell’artistico.
L’intento dell’artista, però, potrebbe anche essere un altro: con alta probabilità, si tratta semplicemente di una critica sociale molto forte alla serialità industriale dei prodotti, quasi a voler ironizzare in modo pungente sul consumismo americano e sulla produzione di massa. La scelta dell’oggetto da rappresentare è caratteristica anche in relazione all’uso del colore: il rosso, tinta dominante, fa presa sull’occhio dell’osservatore, per invogliarlo ad acquistare il prodotto, ed è utilizzato dall’artista per contribuire alla creazione di un’immagine iconica, posta su sfondo bianco per farla risaltare ancor di più. L’istallazione, nel suo complesso, è costituita da 32 quadri identici, allineati sapientemente, in modo da ricordare l’esposizione dei prodotti sullo scaffale di un supermercato.
Andy Warhol (Pittsburgh, 6 agosto 1928 – New York, 22 febbraio 1987) può essere considerato una delle menti geniali e più influenti del XX secolo. Artista poliedrico, oltre ad essere ritenuto la figura predominante del movimento artistico della Pop Art, per cui tutti lo ricordiamo, è stato anche regista, produttore cinematografico, sceneggiatore, montatore e attore.
Colpito da un colpo di pistola nel 1968 da una femminista radicale, sopravvisse nonostante le gravi ferite riportate. Dopo la morte, sopraggiunta nel febbraio del 1987, vennero messi all’asta diecimila oggetti di sua proprietà per finanziare la “Andy Warhol Foundation for the Visual Arts”, e la crescente fama gli permise di essere ritenuto “il secondo artista più comprato e venduto al mondo dopo Pablo Picasso” (Thompson).
Warhol trascorse a New York gran parte della sua vita, trovandovi subito molteplici possibilità di affermarsi nel mondo della pubblicità, lavorando, tra le altre, per riviste come Vogue e Glamour.
Questo suo coinvolgimento nel mondo pubblicitario è facilmente riscontrabile anche nell’opera in questione, in quanto, attraverso la ripetizione seriale e la conseguente moltiplicazione dell’immagine, l’artista riesce a imprimere nell’osservatore un crescente desiderio del prodotto, quasi a convincerlo che l’oggetto rappresentato vada acquistato, provato e assaggiato, proponendo un’immagine d’impatto anche per un pubblico contemporaneo.
Chiara Pirani