Siamo negli anni ’50, in un piccolo paese dell’Aspromonte calabrese di nome Africo, dove una donna incinta muore perchè il medico non fa in tempo ad arrivare.
Africo è lontana da ogni collegamento esterno col mondo, lontana perché invisibile, così invisibile da non ricevere nessuna risposta alle richieste fatte al prefetto del paese vicino di avere un medico, e così una donna muore. E dove qualcosa muore qualcos’altro nasce: Peppe e suoi concittadini decidono di unirsi e lavorare per creare una strada per permettere i collegamenti con il territorio circostante, per facilitare i trasporti, ma soprattutto per costruire legami. Intanto Giulia, la nuova maestra del paese, prova a convincere i bambini e i cittadini di Africo che andare a scuola e studiare è importante, e che costruire strade senza sapere fin dove possono portare è un peccato. Gradita è la presenza di Marcello Fonte, attore già apprezzato per la partecipazione a Dogman di Matteo Garrone, che in questo caso interpreta il ruolo di Ciccio Italia detto “Il poeta”, un uomo che assieme ai bambini rappresenta gli occhi, la coscienza e il collante della comunità. Sorpresa del film è l’inaspettata comparsa di Elisabetta Gregoraci, famoso personaggio televisivo che ci mostra buone capacità di recitazione interpretando la donna del boss del territorio aspromontano Don Totò. Una nota positiva va anche alla direzione della fotografia: nessun filtro o sovrastruttura, abbiamo l’impressione di trovarci lì e guardare ad occhio nudo il paesaggio circostante, un paesaggio reale, concreto, palpabile. Non una grande tecnica, ma di sicuro un grande sensibilità.
La storia raccontata da Mimmo Calopresti non ha un lieto fine, ma proprio per questo lascia parecchi spunti di riflessione allo spettatore. Allora ci viene da chiederci se è vero che nascere in una determinata parte di mondo piuttosto che in un altra ci rende delle persone fortunate, e se è vero che con il crescere degli anni, dal ’50 ad oggi, ci siamo evoluti anche noi. Abbiamo costruito strade, ponti: ma i legami? Dovremmo metterci tutti nella condizione di provare ad essere ultimi per un po’, rieducarci all’umanità e all’umiltà per poi ricominciare a ricostruire su solide basi.
“Avevamo poco tempo e l’abbiamo perso appresso a una strada”.
Titti De Cristofaro