Ancor prima della sua uscita nelle sale, Cats di Tom Hooper,  con il suo perturbante trailer, ha creato sgomento in tutta internet: un disastro annunciato, destinato secondo le stime a far perdere 100 milioni di dollari alla Universal dopo averne guadagnati solo 75 in tutto il mondo a fronte di un budget di 95 milioni.

Eppure questo flop non è imputabile agli errori della computer grafica, corretti in tutta fretta per assicurare negli USA la distribuzione della versione aggiornata poco prima di Natale. L’effetto perturbante è dato dalle scelte di character design, che puntano alla riconoscibilità dell’immagine divistica dei perfomer. Il risultato è sconcertante: i volti sembrano appiccicati su silhouette pelose e saltellanti.

Bestiario medievale: il musical potrebbe essere il titolo alternativo di questa fantasia furry in cui le creature chimeriche metà gatti e metà umani (tutti candidati nella categoria “Worst Screen Combo” ai Razzie Award, insieme ad altre sei nomination) a volte hanno i vestiti – fatti della loro stessa pelliccia! – e a volte si svestono lasciando il dubbio di stare assistendo a un branco di ballerini nudi che agitano il didietro a ritmo di musica. Un film per tutta la famiglia!

Che i glitch siano corretti non è rilevante perché l’uso della CGI è così estensivo da rendere tutto stucchevolmente artefatto. Per di più si aggiungono anche grossolani errori di valutazione nelle proporzioni dei personaggi rispetto ai riferimenti spaziali circostanti, che cambiano di scena in scena. L’effetto di realtà tenta di essere recuperato in modo inefficace con uno stile di regia basato sulla macchina a mano. Ma questo continuo dinamismo, insieme al carente adattamento della sceneggiatura, provoca solo ulteriore confusione e nessuna risposta alle domande: “Che cosa sta succedendo?!” “Perché  Taylor Swift sta drogando una colonia felina con dei glitter di erba gatta?” “Da dove è spuntato Idris Elba e perché vuole ascendere al Paradiso dei gatti se sulla Terra possiede già tutti i poteri magici?”, ma soprattutto “Perché Rebel Wilson che stacca a morsi le teste di un esercito di scarafaggi è diventato il mio nuovo incubo ricorrente?”

Cats di Tom Hooper poteva diventare un nuovo cult trash degli anni ’10, uno di quei caroselli di puro nonsense da vedere strafatti in compagnia, ma non riesce neppure a proporsi come un godibile passatempo di intrattenimento circense. Cats è solo uno strazio da far strappare le vibrisse.

È soprattutto un imbarazzo assistere all’umorismo slapstick di Rebel Wilson e James Corden, fuori luogo come quando agli Oscar hanno annunciato il vincitore dei migliori effetti speciali. Rincarano la dose con continui e agghiaccianti giochi di parole che, come nel far west, fanno rotolare le palle di pelo nella sala deserta e silenziosa.

Per un breve momento sembra quasi cambiare atmosfera: appena parte il dissonante intro del brano Macavity, durante la scena nel teatro abbandonato, si crea un senso di spaesamento. In attesa dei dieci minuti di screen time di Taylor Swift, sembra quasi di assistere all’inizio di un rituale esoterico felino. Forse con una sniffata di erba gatta il film si è magicamente trasformato nel sequel miagolante di Suspiria di Guadagnino? Scritturare Tilda Swinton nel ruolo di un gatto Sphynx avrebbe sicuramente fatto risparmiare il budget per gli effetti speciali.

Eppure la seconda parte del film risulta ancor peggiore della prima e tutto si risolve spontaneamente: i prigionieri di Macavity si liberano quando si accorgono per caso che le catene non sono state strette; la protagonista monoespressiva Victoria viene accettata nella comunità dei gatti di Jellicle senza aver fatto nulla per quasi due ore; il cattivo Macavity, pur potendosi teletrasportare, non riesce a salire sulla mongolfiera che porta al Paradiso e nel frattempo Old Deuteronomy (Judy Dench) decide che la prescelta all’ascesa è Grizabella (Jennifer Hudson). La sua versione di Memory, la canzone più celebre del musical, risulta passabile se si riesce a sopportare la costante l’espressione di simil-disgusto che le maschera il volto. L’unico pezzo davvero coinvolgente è invece Rum Tum Cat, interpretato da un Jason Derulo glam rock all’altezza del suo corrispettivo teatrale.

Forse solo con l’animazione tradizionale, la sperimentazione visiva e un tocco di psichedelia nel riarrangiamento delle musiche si sarebbe potuto ottenere un film in linea con il musical teatrale da cui è tratto.

Questo disastroso tentativo di far entrare con prepotenza negli schemi cinematografici un’opera che può offrire le sue potenzialità solo a teatro potrebbe far commuovere solo la Gattara Pazza dei Simpson.

Giulia Silano

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