Nel cuore della bella Firenze, si staglia come una lancia innevata il Campanile di Giotto, detto anche Torre Campanaria, che è di certo una delle opere edilizie più stupefacenti mai realizzate nel medioevo italiano, vero capolavoro dell’architettura gotica fiorentina del ‘300. Posto accanto alla cattedrale di Santa Maria del Fiore, con i suoi quasi 85 metri di altezza e 15 di larghezza, è una delle mete turistiche e culturali più ambite all’interno della città.


Nonostante il notevole slancio verticale, la struttura non abbandona il principio della solidità. In effetti, intervengono a stabilizzare il tutto dei rafforzi angolari che salgono fino al coronamento a sbalzo orizzontale. Rivestito all’esterno da preziosi marmi bianchi, rossi e verdi, simili a quelli che adornano la Cattedrale, il maestoso campanile a base quadrata, venne edificato in parte da Giotto a partire dal 1334. Alla sua morte, avvenuta nel 1337, il maestro riuscì a realizzare solo una prima parte del progetto, all’incirca fino all’altezza delle formelle esagonali, che narravano una sorta di racconto figurativo, eseguite da Andrea Pisano su disegni dello stesso Giotto. Sempre Pisano portò a termine i primi due piani rispettando l’originale progetto giottesco.


Nel ricco apparato decorativo delle formelle esagonali e delle losanghe, si esprime il concetto dell’ordinamento universale e della storia della Redenzione. I rilievi iniziano con la Creazione dell’uomo e si susseguono con la rappresentazione delle sue attività, i Pianeti che regolano il corso della sua esistenza, le Virtù che lo fortificano, le Arti Liberali che lo istruiscono e i Sacramenti che lo santificano. Nei rilievi ovest del campanile si nota però una curiosa originalità nel trattamento di temi altrove rigidamente canonizzati: manca la narrazione della tentazione e della cacciata dei progenitori, privilegiando invece il lavoro nei campi; nell’ubriachezza di Noè, mancano i figli che lo osservano o cercano di coprine le nudità, e tutta l’attenzione si concentra sulla magnifica vite, sotto cui giace una botte accuratamente realizzata. L’intento quindi era quello di sintetizzare il racconto biblico e rappresentarne la componente creativa umana. La figura umana è assolutamente protagonista. Le Virtù del piano superiore sono in diretta relazione con il lavoro, tramite tra l’uomo e la sua elevazione.


Una parola a parte meritano le statue, concepite come elementi integranti dell’edificio piuttosto che come componenti decorative. Nel secondo ripiano, infatti, ai bassorilievi Andrea Pisano sostituì sedici nicchie destinate a contenere figure di Re e di Sibille e statue di Patriarchi e di Profeti, quest’ultime eseguite successivamente anche da Nanni di Banco e Donatello, tra cui spicca il bellissimo gruppo del Sacrificio di Isacco di Donatello, che rappresenta una delle conquiste più alte del naturalismo quattrocentesco in scultura. Gli originali di tutte le sculture, per motivi legati alla conservazione, si trovano al Museo dell’Opera del Duomo.


Il Campanile fu portato a termine nel 1359, dopo gli anni terribili della Peste nera, da Francesco Talenti, geniale visionario e creatore dei finestroni nei livelli più alti, che ebbe il merito di irradiare l’intera struttura con la luce, grazie alle bifore accoppiate in stile senese e alle grandi trifore timpanate, rendendo così l’edificio elegantemente gotico pur mantenendo l’impostazione classica dell’insieme. Una grande terrazza, posta a più di 400 scalini da terra, protesa verso l’esterno, che funge da tetto panoramico è l’ultimo tassello dell’opera di Talenti, che si discostava in tal modo dal progetto della copertura a guglie cuspidata di Giotto. Una particolarità è che per il rivestimento marmoreo dell’ultimo piano furono impiegate lastre di marmo bianco con motivi a tarsia tipiche romaniche, e quindi probabilmente erano in origine pezzi poi divenuti di reimpiego, provenienti dal cantiere del Battistero.

Il Campanile di Giotto ci insegna che a volte la semplicità delle decorazioni può mostrare una bellezza genuina, che pochi fronzoli lasciano la libertà alla nostra immaginazione e alle nostre emozioni.

Tommaso Amato

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