Dopo avere dedicato uno speciale ai film riguardanti la Blackness, Cabiriams continua ad occuparsi di temi che hanno richiamato l’attenzione nell’ultimo periodo. In questo articolo collettivo vi proponiamo tre diversi modi in cui il cinema ha rapresentato il colonialismo.

Africa Addio

Regia: Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi
Anno:1966
Durata:139′
Piattaforma:YouTube

Se il cinismo del capostipite Mondo cane abbracciava con universale misantropia tutti i popoli senza far trasparire intenti razzisti, in Africa Addio il talento di Jacopetti e Prosperi è speso all’esplicita apologia del colonialismo.

Già all’epoca accusati di essere razzisti e reazionari, i padri dello shockumentary sollevano l’Europa dalle proprie colpe storiche in un racconto revisionista del processo di decolonizzazione culminato negli anni ’60: l’Africa è dipinta non come un continente liberato, bensì come un’oasi di verde abbandonata all’ingratitudine e all’autolesionismo dei popoli africani. Lo sguardo sulla brutalità dell’uomo bianco portatore di civiltà risulta compiaciuto. Giustizia sommaria, eccidi e sfruttamento sembrano giustificate punizioni nei confronti di un figlio ingrato che distrugge e pretende a scapito del principio d’ordine imperialista.
Non è un caso che uno dei modelli di riferimento di Jacopetti (“nato giornalista”, eppure senza scrupoli nel mettere in scena fucilazioni in favore di camera) fosse proprio Indro Montanelli. Italiani brava gente finché il mito non crolla sotto il peso della storia.

Aguirre, furore di Dio


Regia: Werner Herzog
Anno: 1972
Con: Klaus Kinski
Durata: 90′
Piattaforma: CHILI 

Non è un confine definito quello che separa lʼentusiasmo della ricerca dalla smania conquistatrice; ci sono però dei piccoli gesti e delle frasi lasciate a metà che dovrebbero risuonare come campanelli dʼallarme, e che se vengono pronunciate da un uomo tanto ambizioso quanto folle diventano le prime avvisaglie di una futura tragedia. La storia di Aguirre e del suo gruppo di esploratori decisi a trovare la città di El Dorado indaga questa dinamica, questo viaggio apparentemente spaziale che cela un percorso tutto interiore: una spedizione verso le profondità più oscure dellʼambizione umana. E come in 

Molti film di Herzog lʼambizione assume lʼaspetto di Klaus Kinski, del suo caschetto biondo che, qui, procede spedito nella foresta amazzonica deciso a compiere qualsiasi atto pur di trovare e conquistare il luogo desiderato. Alla fine però ci si rende conto che lʼunica compagnia di cui Aguirre aveva bisogno è quella della sua tracotanza, talmente fedele, implacabile e accecante da splendere molto più della leggendaria città dorata. 

La strada per El Dorado

Regia: Bibo Bergeron, Will Finn, Don Paul, David Silverman
Anno: 2000
Cast vocale: Kevin Kline, Kenneth Branagh, Rosie Perez
Durata: 86’
Piattaforma : CHILI

Tra i primi gioielli dei Dreamworks Animation Studios, in un periodo di sperimentazione che sulla soglia dei 2000 alternava tecniche tradizionali al 3d e lo stop-motion, conserva una particolare freschezza distanza La strada per El Dorado.

Un film che attraverso il linguaggio solo apparentemente leggero della commedia, rilegge in chiave scherzosa e finanche ironica una delle più grandi tragedie della storia dell’umanità: la colonizzazione del continente americano. Attraverso le maschere dei protagonisti Tullio e Miguel, due squattrinati furfanti spagnoli, il sogno europeo della conquista del nuovo mondo viene indagato nelle sue varie forme. E se tra le mura scintillanti della città d’oro i due troveranno una redenzione che permetterà loro di sconfiggere la propria avidità, non ci sarà scampo per chi sarà costretto a piegarsi di fronte alla furia sterminatrice dei conquistadores.

Giulia Silano
Diana Napolitano
Andrea Pedrazzi

Pubblicità