Un momento che non avremmo mai voluto arrivasse, la morte di Morricone. Una rubrica come questa non può esimersi dal dedicargli un approfondimento; ma come scrivere dell’artista che più di tutti ha prodotto immagini sonore, subito dopo la sua perdita? Come avvicinarsi a una produzione così estesa?

Ci abbiamo pensato. L’abbiamo fatto leggendo una sua frase riportata nel libro-intervista Inseguendo quel suono: <<i film di genere – thriller, gialli, fantascienza – mi consentivano di utilizzare linguaggi diversi, e questo era per me come inspirare aria nuova>>. Il riferimento è diretto a un preciso momento storico. Dal 1968 al 1972 Ennio Morricone compose delle colonne sonore dalla vocazione sperimentale, più precisamente approfittando della libertà concessa nello sviluppo del giallo: <<c’è stato un momento della mia vita, a partire dai primi tre film che ho fatto con Dario Argento, in cui avevo deciso di utilizzare una scrittura completamente diversa da quella che si faceva solitamente nel cinema. Volevo sperimentare l’applicazione di un linguaggio più contemporaneo e dissonante…>>. Da qui nasce il desiderio di dare luce, in due parti, al Morricone meno conosciuto, più oscuro e avanguardistico.



Un tranquillo posto di campagna (1968, Elio Petri)


Nonostante Morricone indichi come inizio della sua sperimentazione i primi film di Dario Argento, già in alcuni lavori precedenti s’intravedono accenni di questa intenzione. Prima collaborazione con Elio Petri, Un tranquillo posto di campagna è il nostro punto di partenza. L’interesse per la musica contemporanea non era estraneo a Morricone: in quegli anni, infatti, era membro del Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, coinvolto nella composizione della colonna sonora.

Ciò che si nota in maniera particolare è l’assenza di un riferimento tonale, in favore di un’indagine sui rumori, le dissonanze, le urla, volta a trasmettere ancora più inquietudine nel genere. Questo però pur mantenendo il legame con un’impostazione più classica: la scelta timbrica si serve prevalentemente di strumenti tradizionali, come dimostrato dal grande utilizzo degli archi, unici elementi nella quasi totalità delle tracce. Fanno eccezione Delirio primo e Frenesia, composti solo da percussioni e voce, che sottolineano maggiormente il minimalismo che attraversa tutto il disco. L’ultima traccia, Un tranquillo posto di campagna – Tema (di ben 34 minuti) è l’unica in cui è possibile ascoltare brevi frammenti melodici, che lasciano subito spazio a una lunghissima improvvisazione strumentale libera, producendo un flusso continuo di rumori ed effetti.


Trilogia degli animali (Dario Argento, 1970-71)













Nel 1970 ebbe inizio la collaborazione tra Morricone e l’esordiente Dario Argento con L’uccello dalle piume di cristallo, e proseguì con Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio.

Le tre colonne sonore presentano delle caratteristiche simili, da questo punto di vista potrebbe essere interessante fare dei riferimenti incrociati. In ognuna c’è un tema principale: rispettivamente Violenza inattesa, Ninna nanna in blu, Come un madrigale. Il primo si apre con la melodia cantata da una voce femminile accompagnata da una chitarra acustica, per poi svilupparsi con l’ingresso del basso, della batteria e della voce maschile. Pur essendo una composizione melodica, Morricone arricchisce il brano con stridii e dissonanze di contorno; questi possono essere notati maggiormente in una delle variazioni del tema, Piume di cristallo – Originale:

<<Fino ad allora mi ero sempre posto problemi di coerenza (linguaggio tonale per certe sequenze e più avanzato per altre), mentre qui per la prima volta li combinavo. Questa doppia estetica mi sembrò una via di fuga possibile e necessaria>>.

Al contrario, la composizione degli altri due (Ninna nanna in blu e Come un madrigale) tende unicamente verso la consonanza. Nella loro totalità, L’uccello dalle piume di cristallo e Il gatto a nove code confermano le parole di Morricone, utilizzando, però, degli espedienti simili all’interno di composizioni dissimili. Ad esempio, la voce femminile in L’uccello dalle piume di cristallo – Originale e Svolta drammatica è utilizzata come un effetto sonoro, attraverso una sequenza di gemiti. Invece, nel Gatto a nove code, la voce emette note e veri e propri vocalizzi (1970, Parabola del paradosso). Quattro mosche di velluto grigio mantiene in parte gli stessi criteri musicali (Quattro mosche di velluto grigio – Suite II, Traccia 5) ma affiancati da alcune tracce in stile rock per evidenti esigenze di sceneggiatura (Il protagonista è il batterista di un gruppo).

In ultimo, come traccia che può maggiormente rappresentare la sperimentazione di Morricone, merita una menzione Corsa sui tetti, vera e propria apoteosi aleatoria: <<si venivano a creare così diverse sonorità dissonanti e brulicanti, una semi-aleatorietà tutta da plasmare nel momento dell’esecuzione attraverso scelte in tempo reale controllate dai miei stessi gesti>>.


Francesco Di Grazia
Roberto di Matteo




Si ringraziano Alessandro De Rosa e Ennio Morricone per il libro Inseguendo quel suono da cui sono tratte le citazioni.



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