SEZIONE CE L’HO CORTO

C’è sempre un tono sommesso e un apparente disagio nei ritratti familiari scandinavi. 

Si avverte una tensione che nasce dal profondo, dall’atto stesso del parlare, come se fosse la necessità stessa di interagire ad essere insopportabile. 

Questa è la sottile linea lungo la quale si muove Celia Scheij nel suo Afkørsel, microdramma di un trasloco tanto semplice quanto insidioso. L’ambientazione spartana e l’assoluta “medietà” dei personaggi sono lo sfondo neutro che permette di vedere in controluce tutta la tensione accumulata non solo da una famiglia, ma da una società intera. L’imbarazzo e la laconicità dei dialoghi danno un risalto ancora maggiore alle esplosioni d’ira che coinvolgono Liv, il fratello e il padre dei due.

La convivenza momentanea e forzata si rivelerà impossibile, al punto che Liv, nel tentativo di accelerare le operazioni di trasloco,   accetterà controvoglia di sorbirsi un viaggio in macchina con il padre.

L’ultima parte del corto ha un tono claustrofobico, simile per certi versi a quello del recente I’m Thinking of Ending Things, anche se meno angosciante.

Afkørsel è una conferma del talento di Celia Scheij, consigliatissimo.

Marco Lera

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