FUORI DAGLI SCHE(R)MI

Regia di Cristi Puiu , 2020.

[…] Parlando proprio di cinema, il testo mi ha costretto a rielaborare gran parte di tutto ciò che ha a che fare con l’immagine, la recitazione e l’ambientazione per una storia che si svolge nel passato. Ho deciso quindi di concepire il film come un’indagine sul cinema e sulla memoria, permettendomi di immaginarlo passo dopo passo, tenendo conto di ogni vibrazione dello spazio, di ogni cambiamento della luce, di ogni variazione del tempo atmosferico, di ogni tormento del mio intuito. Questi sono i limiti entro i quali ho inteso dare la mia personale interpretazione di un testo che considero, per molti versi, profetico.” (C. Puiu) 

A differenza di quasi tutti i film “storici” passati e presenti, Malmkrog ha il pregio radicale e sconvolgente di non essere un adattamento, bensì una rievocazione

A riprendere vita in quest’opera non sono solo i costumi, le usanze, i dettagli esteriori ma i tempi e i modi concreti di un’esistenza nell’aristocrazia russa di fine ‘800. 

Questa è la prima grande sfida che il film lancia allo spettatore: non ci sono concessioni di montaggio o rielaborazione dei dialoghi che rendano più accomodante la visione.

Dobbiamo accettare la lentezza aristocratica dei movimenti, il ritmo anodino delle giornate di chi ha servitori che si occupano di ogni dettaglio e può quindi passare pomeriggi interi in dialoghi filosofici, dobbiamo sintonizzarci di volta sulle diverse speranze e idiosincrasie dei personaggi che parlano.

Nikolai e i suoi ospiti  sono infatti i rappresentanti di una classe sociale che percepisce nitidamente l’arrivo di un evento epocale e sta cercando di capire se sarà una catastrofe o una redenzione.

Per prepararsi all’inevitabile, questi cinque nobili provano a ricomporre i pezzi di un’identità che si sta lentamente crepando sotto il peso del tempo. La morte incombe, il futuro si è già messo in moto e ognuno si aggrappa come può alle poche certezze che gli/le sono rimaste.

È impossibile riassumere la bellezza e l’intensità dei 200 minuti del film in poche parole. Quindi mi limiterò a segnalare un paio di punti che spero vi facciano incuriosire. 

Oggi come a fine ‘800 l’anima russa è scissa tra slavofilia e occidentalismo, tra profonda devozione ortodossa e razionalismo illuminista, tra la volontà di essere la nuova Roma e quella di imitare le potenze centrali. Questo gigante è una creatura bifronte che guarda all’Europa e all’Asia per capire il proprio posto e il proprio ruolo; è un paese feudale la cui aristocrazia pensa e parla in altre lingue (francese e tedesco) e si interroga costantemente su cosa voglia dire essere e agire da  russi. Come si può conciliare tutto questo? 

La risposta forse si può trovare nei dettagli (come il Diavolo). 

La scommessa che fa Cristi Puiu nel ricostruire con precisione maniacale  I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo di Vladimir Solov’ëv è probabilmente un suicidio, ma allo stesso tempo è l’unico modo possibile per affrontare con rispetto un testo del genere.

I punti di forza del film sono sicuramente l’eccellente recitazione e la straordinaria cura di tutti i dettagli estetici; elementi che purtroppo in alcuni momenti si perde data l’intensità e la complessità dei dialoghi.

Marco Lera

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