FUORI DAGLI SCHE(R)MI
regia di Oleh Sencov in collaborazione con Akhtem Seitablaiev, 2020
Regolamento numero uno: mai togliersi il berretto. Il Grande Zero ha parlato. O meglio, ha lasciato tutti i suoi Regolamenti nelle mani di Primo, deputato a farli rispettare agli altri Numeri declamandoli ogni sette giorni. Anche se in realtà neanche i Giudici sentinella sono tenuti a conoscerli: a loro basta usare i fucili.
In questo non-luogo tenuto sotto il controllo di una figura demiurgica sospesa sopra la scena, Pari e Dispari (Donne e Uomini) si muovono tra gli elementi scenografici minimi di Kirill Šuvalov, stagliati su un buio ignoto già sperimentato in Dogville di Lars Von Trier, in attesa del punteggio finale che li metterà in competizione durante la cerimonia di consegna del testimone.
Da dietro le sbarre di un gulag in Siberia, l’ucraino Oleh Sencov ha co-diretto “per corrispondenza” una coraggiosa opera critica del dogmatismo politico e religioso che fonda le basi del nazionalismo russo contemporaneo. Eseguita sul set dall’amico di penna e regista Akhtem Seitablaiev, la ribellione politica di Sencov si libera dal sistema di pensiero che quelle sbarre le ha chiuse a chiave con l’accusa di terrorismo durante l’annessione della Crimea.

La gerarchia di potere sorretta da dogmi che portano i personaggi a essere burattini prigionieri di azioni ripetitive, le entrate e uscite di scena meccaniche, che si aggiungono alla forte delimitazione dello spazio filmabile, sembrano replicare un’esperienza a teatro. La regia concentra l’attenzione sulla performance degli attori, maschere caricaturali che coordinano il tono di questa distopia satirica anti-fascista e anti-militarista alla Karel Čapek.
Ma se il montaggio dialettico di Tipografic Majuscul di Radu Jude, altro film anti-totalitario di stampo teatrale selezionato per il Trieste Film Festival, valorizza quella che poteva diventare mera copia di un’esperienza a teatro, in Nomery in apparenza si trascura la specificità del linguaggio cinematografico. Seppur più appropriato a un adattamento drammaturgico, il manifesto didattico e politico di Oleg Sencov trova un altro mezzo per essere veicolato; considerazione importante soprattutto in luce del fatto che in questo periodo di stasi culturale le arti performative non possono abitare i propri spazi d’elezione.
Infine, giocando con la messa in scena, Nomary scoperchia la politica della Russia per trasfigurare nell’assurdo il sistema dittatoriale che continua a far succedere una dopo l’altra figure autoritarie a scapito di un popolo suddito.
Giulia Silano
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