Dopo qualche settimana di binge watching compulsivo, abbiamo avuto più o meno tutt* la certezza che la caratteristica che premia Netflix sia la quantità immane di serie che sforna a un ritmo industriale. La piattaforma Mubi, invece, si rivela in breve tempo come una splendida galleria d’arte che punta molto su un catalogo iper selezionato (anche troppo) per pupille esigenti.
Ma nell’ultimo periodo, Netflix sembra aver puntato ad una fetta del pubblico di Mubi con scelte più accurate soprattutto nei documentari e nei film; da questo punto di vista, Paper Lives si inserisce a pieno titolo nella caccia allo spettatore che si svolge a distanza tra le due piattaforme.
Il film turco è un paio di spanne sopra ai prodotti che fanno bella mostra di sé nella home page di Netflix.
Il regista Can Ulkai ha una produzione imponente, una fotografia notevole, una storia solida e convincente (anche se incrinata da un dettaglio del quale parleremo dopo) e uno Cağatay Ulusoy in stato di grazia nel ruolo di Mehmet.
Paper Lives è una favola, un racconto di amicizia che ci porta alla ricerca della magia in mezzo alle cataste di rifiuti, che prova a squarciare l’eterno presente di chi è costretto a sopravvivere agli scarti altrui con la promessa di una redenzione. Il momento decisivo di questo cammino verso il riscatto sarà l’arrivo improvviso del piccolo Alì: sarà infatti quest’ultimo a ridare senso alla vita di Mehmet e a scatenare momenti di ilarità e tenerezza, oltre ad essere protagonista di episodi di tensione, paura e rabbia.
Uno dei principali meriti di Paper Lives è quello di riuscire a dribblare quasi sempre i cliché e le banalità da crocerossismo che sono in agguato quando si fa un film sulla miseria degli emarginati; la dimensione intima della storia, l’assenza di moralismi e il modo in cui vengono rappresentati i sentimenti dei protagonisti compensano egregiamente alcuni piccoli scivoloni “pop” (o quelli che si dovrebbero chiamare i momenti Netflix).
Quello che non si può però perdonare è la scarsa fiducia negli spettatori da parte di chi ha deciso la versione finale del film: i 3 minuti di “spiegone con voce in off” rischiano seriamente di far dimenticare la bellezza del film e di far svanire l’effetto creato dal pathos della storia.
Al netto di questo, Paper Lives è davvero un ottimo film.
Marco Lera