L’8 maggio 2020 ci eravamo lasciati con un’edizione dei premi David inevitabilmente segnata dalle difficoltà legate all’emergenza sanitaria, con un evento televisivo trasmesso in un clima di raggelato smarrimento con i vari candidati presenti in collegamento.
Quest’anno, la sessantaseiesima edizione dei David di Donatello, prevista per il 7 aprile e andata in onda martedì 11 maggio 2021 su Rai1 con una media di 2.525.000 spettatori (11.6% di share), ha rispecchiato la riflessione di speranza che il presidente e direttore artistico dell’Accademia del Cinema Italiano Piera Detassis ha condiviso la mattina nel corso della presentazione dei candidati svoltasi al Palazzo del Quirinale, con l’intervento del presidente della Repubblica.
Nel rispetto dei protocolli di sicurezza, la narrazione della serata della premiazione del più prestigioso riconoscimento della cinematografia nazionale, affidata a Carlo Conti alla sua sesta conduzione, si è snodata tra il Teatro 5 degli studi televisivi Fabrizio Frizzi e il Teatro dell’Opera di Roma, due sedi scelte in rappresentanza di tutte le categorie dello spettacolo.
Nonostante il contingentamento, per questa edizione si è deciso infatti per una cerimonia in presenza, inaugurata da una commossa Laura Pausini che si è esibita nella cornice del Teatro dell’Opera con Io sì (Seen), brano in gara già vincitore del Golden Globe per la migliore canzone.
Con l’eccezionale apertura allo streaming per i titoli approdati sulle piattaforme di visione contemporanee a causa della chiusura delle sale, le candidature hanno consentito nel centenario della nascita di Gian Luigi Rondi, presidente dei David dal 1981 al 2016, una proposta variegata che ha riunito maestri riconosciuti e registi esordienti, volti nuovi e icone del cinema nostrano, in un incrocio di gusti e di generazioni attoriali.
Frettolosa e a tratti dispersiva nella prima parte, la trasmissione televisiva ha sviluppato una stringata lettura dei vincitori intervallata da toccanti momenti musicali in omaggio a Ennio Morricone che ne hanno segnato la conclusione.
Tra conferme dei pronostici e alcune sorprese, i premi sono stati così distribuiti: miglior attrice e miglior attore non protagonista Matilda De Angelis e Fabrizio Bentivoglio per le loro performance ne L’incredibile storia dell’Isola delle Rose; miglior regista esordiente Pietro Castellitto per I predatori; miglior attrice protagonista un’emozionatissima Sophia Loren che ha ritirato il suo settimo riconoscimento per La vita davanti a sé; miglior attore protagonista Elio Germano in Volevo nascondermi, magistrale interpretazione dell’artista Antonio Ligabue che gli è valsa l’Orso d’argento al Festival di Berlino; miglior regista Giorgio Diritti per Volevo Nascondermi, opera che si è aggiudicata infine il premio per il miglior film, battendo Favolacce di Damiano e Fabio D’Innocenzo, Hammamet di Gianni Amelio, Le sorelle Macaluso di Emma Dante e Miss Marx di Susanna Nicchiarelli.
Un momento di sentita commozione, inoltre, è la vittoria postuma di Mattia Torre, il cui premio per la miglior sceneggiatura originale per Figli, affidato alla regia di Giuseppe Bonito in seguito alla sua prematura scomparsa, è stato ritirato dalla figlia Emma, che è intervenuta con un discorso di sincero ringraziamento.
Inaspettato e fuori dalle righe il momento dedicato alla migliore canzone originale, assegnata per Immigrato a Checco Zalone in collegamento da casa, già premiato con il David dello spettatore per Tolo Tolo.
Non sono mancati, poi, il ricordo e una doverosa ovazione al genio di Gigi Proietti, deceduto lo scorso novembre, così come il David di Donatello alla carriera a Sandra Milo, “la bionda vaporosa e svanita amata da Fellini che la immortala come sogno erotico in 8 ½ e Giulietta degli spiriti”, insieme alla premiazione di Diego Abatantuono, “protagonista poliedrico e amatissimo” in cui si incontrano “l’essenza della grande commedia italiana e la modernità del presente”, e Monica Bellucci, “icona globale carismatica, cosmopolita e insieme profondamente italiana”.
I David di Donatello 2021 hanno permesso quindi al cinema italiano di quest’ultimo periodo di autocelebrarsi nuovamente con la tradizionale ritualità, senza sottrarsi comunque alla riflessione delle incertezze odierne, radunando una kermesse di professionisti, divi, maestranze e lavoratori del mondo dell’intrattenimento e dell’arte che a gran voce chiedono attenzione e si augurano, al più presto possibile, una rinascita luminosa per il nostro cinema fatto di immagini e di storie che pretendono di essere raccontate in futuro.
Leonardo Pacini