Per chi è cresciuto a pane e Lynch, andare a ripescare un film del 1975 che metta al centro le allucinazioni di una donna perseguitata dagli incubi, con vuoti di memoria e circondata da personaggi inquietanti, potrebbe sembrare un esercizio ozioso e pure un po’ hipster.

Ma se si lascia per un attimo da parte David e si entra in quella wunderkammer piena di tesori  che è stato il cinema italiano degli anni ‘70, si possono fare delle (ri)scoperte notevoli, come Le orme di Lugi Bazzoni.  

Alice (la splendida Florinda Bolkan) è un’interprete che in un momento di stress abbandona la propria postazione e si risveglia dopo due giorni dei quali non ricorda nulla. Nel tentativo di ricostruire quanto avvenuto, incontrerà indizi sempre più criptici che la porteranno nella misteriosa città di Garma, dove non otterrà altro che ulteriori quesiti irrisolti.

Ad attenderla nell’hotel ci saranno infatti dei personaggi che faranno perdere ulteriormente il senso del reale alla già confusa interprete.

Il bellissimo film di Bazzoni è un vortice allucinato e seducente che combina la fantascienza e il giallo onirico-psicologico; è una favola terrificante nella quale Alice viene catapultata nel paese delle doppie identità, degli specchi anamorfici e dove realtà parallele sembrano mescolarsi in modo inestricabile.

Le orme sono le tracce dell’identità infranta di Alice, sono il cammino da compiere a ritroso per capire cosa è successo nei giorni “perduti” dei quali non ricorda nulla, sono i segni del passaggio e della presenza di un’ombra.

Ad accompagnare questa caduta libera nel gorgo della memoria e dell’ossessione ci saranno dei personaggi sibillini e uno scienziato pazzo che perseguita Alice nel sonno (interpretato da Klaus Kinski, chi se non lui?). Riuscirà Alice a ricomporre il puzzle della propria identità?

“I bambini soli si inventano molto spesso delle creature immaginarie con le quali giocare” … Perché? Gli adulti no?

Come nel caso di Terrore nello spazio di Mario Bava, sono i concetti stessi di identità e di doppio che sfumano fino a diventare indistinguibili. “Io” non è più la base di una affermazione solida di sé ma si trasforma nel punto cieco che rende tutto instabile e sfuggente.

La memoria di Alice si trasforma in un’allucinazione che la perseguita e che prende piano piano il posto della realtà, cambiando i nomi alle persone, alterando lo scorrere del tempo. Il mondo diventa un collage di frammenti incoerenti popolato da maschere che esplode in uno dei finali più belli del cinema italiano.

Le orme sorprende ancora oggi per il ritmo narrativo che alterna sapientemente momenti di tensione a parentesi di calma apparente, per la bellezza delle immagini e per l’incisiva caratterizzazione dei personaggi.

Non perdetevi questo gioiello.

Marco Lera

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