Rapa Nui, nota ai più come Isola di Pasqua, è tra gli atolli abitati più remoti, non solo del Pacifico, ma del mondo intero. I polinesiani, originari del Pacifico meridionale, colonizzarono sia le Hawaii che la Nuova Zelanda, e tra il 700 e il 900 raggiunsero Rapa Nui. Con ogni probabilità, questo fu tra gli ultimi luoghi al mondo a essere abitato in permanenza.

Ci vollero altri 1000 anni prima che i navigatori europei raggiungessero l’isola, e quando arrivarono a Rapa Nui, il giorno di Pasqua del 1722, si stupirono di trovarvi insediata una numerosa popolazione. Ad apparire ancora più sorprendenti, tuttavia, erano i monumenti creati da questi abitanti. Chiamati in lingua locale Moai, non esiste nulla lontanamente paragonabile in tutto l’oceano Pacifico, ed essi sono annoverati tra le sculture più famose al mondo. Tra le statue più famose vi è di certo Hoa Hakananai’a, traducibile approssimativamente come “amico nascosto”. Giunse a Londra nel 1869 e da quel momento fu una delle mete più visitate del British Museum.
Quello che appare straordinario è che una popolazione che non superava i 15.000 abitanti abbia scolpito ed eretto più di un migliaio di massicce sculture in pietra, tra le quali Hoa. Scolpito con tutta probabilità intorno al 1200, aveva quasi certamente lo scopo di ospitare lo spirito di un antenato.


Guardando il monolite, ci si rende conto della solidità della roccia basaltica nella quale è stato scolpito. Nonostante sia ritratto solo dalla cintola in su, è alto circa 2 metri e mezzo. A causa della durezza del materiale e dei primitivi strumenti in pietra adoperati, non è stato possibile avere una cura dei dettagli, motivo per cui tutto risulta essere grande e marcato. La pesante testa rettangolare è grande quasi quanto il torso, e la fronte sporgente è una linea retta che attraversa la testa in tutta la sua larghezza, sovrastando con spiccata marcatura le due orbite simili a caverne e un naso dritto con narici pronunciate. La mascella squadrata si protende volitiva in avanti e le labbra sono serrate e minacciose, in uno sguardo ieratico. In confronto alla testa, il torso è solo abbozzato, le braccia sono appena accennate e le mani scompaiono nel blocco di pietra di un ventre prominente. I soli particolari che si notano sul corpo sono i capezzoli sporgenti e arricciati.
Hoa Hakananai’a è una rara combinazione di maestosità fisica e potenza evocativa. Le statue erano poste su piattaforme appositamente costruite lungo la costa, a sottolineare una geografia sacra che rifletteva la devozione di Rapa Nui. Spostarle richiedeva settimane di lavoro e una manodopera numerosa. Anche Hoa doveva essere schierato su una piattaforma insieme alle altre statue, con le spalle rivolte al mare e lo sguardo dedito a sorvegliare l’isola. Queste severe figure dovevano costituire una visione impressionante e minacciosa per i potenziali invasori, ma anche un imponente comitato di accoglienza per i viaggiatori.


Intorno al 1600, la produzione di monoliti si interruppe improvvisamente. Nel corso del tempo gli isolani avevano tagliato la maggior parte degli alberi e cacciato gli uccelli terrestri fin quasi a provocarne l’estinzione. Gli uccelli marini, soprattutto la sterna scura, si erano spostati a nidificare su scogliere e isole più sicure. Ne nacque di conseguenza una nuova forma di religione, con il culto dell’uomo-uccello. Il rituale consisteva in una gara in cui gli isolani dovevano recuperare un uovo di sterna su una scogliera e tornare con l’uovo integro. Il vincitore diventava per un anno l’uomo-uccello, quindi veniva messo in isolamento e costretto a farsi crescere le unghie come artigli di uccello e brandire una pagaia cerimoniale come simbolo di prestigio. Siamo a conoscenza di questo rituale grazie alle statue dell’isola che, invece di essere abbandonate, vennero associate al nuovo culto.
Tutte le informazioni riguardanti questo nuovo rito vennero incise sulla schiena del monolite, in uno stile del tutto diverso da quello della statua stessa. Si tratta di un bassorilievo poco appariscente ma molto particolareggiato. Sulle scapole si trovano i simboli dell’uomo uccello: due fregate con braccia e piedi umani si fronteggiano con i becchi. Dietro la testa, tra due pagaie stilizzate che riproducono in miniatura il volto della statua, c’è una giovane sterna scura, le cui uova erano di importanza fondamentale per il rito. Oggi l’incisione sembra poco leggibile, ma un tempo i simboli erano dipinti con colori vivaci.
C’è un qualcosa di profondo nel dialogo tra i due volti di Hoa Hakaanai’a, e cioè che nessun modo di vivere e di pensare dura per sempre.


Con l’arrivo del XIX secolo iniziò anche il declino della società isolana. Dal mare vennero la schiavitù, le malattie e il cristianesimo. Quando nel 1868 giunse la nave britannica Topaze, sull’isola erano rimaste poche centinaia di persone. I capi, ormai battezzati, regalarono la statua agli ufficiali, probabilmente perché era vista come una minaccia per la nuova fede cristiana. Giunta in Inghilterra, venne donata alla regina Vittoria, per poi essere trasferita presso il British Museum. Rivolta a sud-est, guarda con malinconia verso Rapa Nui, lontana 14.000 km, dove un tempo vegliava su un angolo di paradiso.

Tommaso Amato

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