Simbolo per eccellenza della città di Verona insieme alle figure di Romeo e Giulietta, l’Arena è il terzo anfiteatro più grande dopo il Colosseo di Roma e l’Anfiteatro di Capua. La sua costruzione è tutt’oggi oggetto di dibattito, in quanto non si hanno notizie certe in merito, anche se si ipotizza che risalga ai primi decenni del I secolo, sotto l’impero di Augusto.
L’anfiteatro non è sempre stato al centro della città, ma all’epoca sorgeva appena fuori dalle mura dell’antica Verona, per evitare che si creassero affollamenti in città. Tuttavia, per necessità difensive, venne successivamente integrato all’interno delle mura fatte costruire da Gallieno durante le invasioni barbariche. La struttura attuale è ben conservata, nonostante nel Medioevo un forte terremoto distrusse il terzo anello di arcate che la circondava. Di questo resta un’ala che permette di immaginare le effettive dimensioni della struttura.
Nonostante spesso lo si confronti con il Colosseo, presenta dimensioni di tutto rispetto, con i suoi 152 x 123 metri, mentre la cavea interna (tribuna), formata da 45 gradini alti circa 50 centimetri l’uno, è larga una quarantina di metri. La struttura principale è composta da pietra calcarea bianca e rossa. La pianta dell’anfiteatro è costituita dall’ellisse dell’arena, che fu quasi sicuramente tracciata sul terreno nelle fasi iniziali dei lavori. La struttura sorgeva su un modesto rilievo artificiale (mentre oggi si trova, anche se di poco, sotto il livello stradale), e le sue fondamenta erano costituite da una platea in opera cementizia. Tra l’anello più esterno e la base del podio vi è un dislivello di 1,60 m. In tal modo, si cercava di garantire il drenaggio delle acque, che confluivano in tre cloache anulari poste sotto il pavimento di altrettante gallerie concentriche. Altre due cloache erano poste lungo gli assi maggiore e minore della struttura, e portavano le acque di scarico fino all’Adige. I tre ordini di arcate sovrapposti lasciavano intuire già dall’esterno l’esistenza di due gallerie e del porticato superiore, mentre gli architravi concludevano le volte delle gallerie interne, realizzate in un massiccio in opus caementicium (cemento composto da calce e sabbia).
L’anfiteatro aveva originariamente una capienza di 30.000 spettatori, ma al giorno d’oggi ne contiene circa la metà, a causa dei crolli dell’anello esterno e di alcune modifiche avvenute nel corso del tempo.
Come il Colosseo, l’Arena veniva usata per spettacoli ludici, tra i quali anche i combattimenti fra gladiatori. Il nome stesso del monumento deriva da “harena”, per la presenza di sabbia, che serviva per assorbire il sangue versato durante le lotte. Nel corso dei secoli, l’Arena venne usata per i motivi più disparati: re Teodorico la utilizzò come cava di pietre per la costruzione di edifici circostanti; fino al XVI secolo vi erano relegate le prostitute, poi scacciate e sostituite da botteghe artigianali. L’interno fu usato anche per l’amministrazione della giustizia, roghi, spettacoli, feste e corse.
A partire dal Quattrocento, cominciò ad acquisire un certo interesse storico ed artistico, subendo nel corso degli anni vari restauri che si protrassero fin oltre il XVIII secolo.
Dopo l’Unità d’Italia si cominciò a usarlo come teatro a cielo aperto, ospitando varie rappresentazioni. Nel 1913, venne rappresentata la prima opera lirica, ovvero l’Aida di Giuseppe Verdi. Da quel momento diventò il più grande teatro lirico al mondo, e ogni estate sul suo palcoscenico prendono vita le opere più famose, oltre ad ospitare spesso concerti ed eventi musicali.
Triste è la sorte di quei magnifici monumenti, che restano sì una testimonianza di un glorioso passato, ma sono come fantasmi che vagano fuori dal tempo. Al contrario, l’Arena di Verona, forte del suo passato, si presta ancora al suo grande scopo: ospitare i visitatori nel suo abbraccio di antiche pietre, che narrano gloriose gesta passate e nuove, fungendo da ponte tra mondi a loro sconosciuti e ormai distanti.
Tommaso Amato